Diritto di Famiglia

Obbligo di Fedeltà e Separazione con Addebito: Quando si Verifica?!

OBBLIGO DI FEDELTÀ E  SEPARAZIONE CON ADDEBITO: NESSO CAUSALE E ONERI PROBATORI

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È sufficiente la mera contestazione dell’obbligo di fedeltà?

E’ un principio oramai consolidato in giurisprudenza quello per cui il giudizio di addebito della separazione, derivante dall’inosservanza degli obblighi di fedeltà familiare di cui al’ art. 143 c.c., possa essere considerato alla stregua di una sanzione di tipo riparatorio.

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975, infatti, è stato introdotto l’art. 151 c.c., secondo comma, il quale stabilisce che il giudice pronunciando sulla separazione, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, può dichiarare a quale coniuge sia addebitabile la separazione.

Da tale disposto normativo si evince che nel nostro ordinamento, in ipotesi di infedeltà coniugale, si è passati da un regime di colpa all’introduzione di una categoria meno rigorosa quale quella dell’addebitabilità.

La  pronuncia di addebito si riflette sul piano prettamente processuale e poi come verrà esposto nel prosieguo della trattazione, anche sul piano della conseguenze economiche del coniuge a cui l’addebito è  contestato.

Con la riforma si è dato all’istituto della separazione, di cui all’art 150 c.c., un’alternativa sganciata dalle rispettive colpe dei coniugi, ma che al contempo non vedesse mutata la natura giuridica dei doveri coniugali.

Pertanto, il giudizio di addebito non è un giudizio che si fonda sulla mera contestazione del dovere di fedeltà del coniuge, ma richiede la dimostrazione del nesso causale tra la violazione dei doveri coniugali e la crisi matrimoniale.

Questo orientamento è oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità; essa, peraltro, precisa che l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi di regola circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile.

Sempre che non si constati la mancanza di un nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi. ( Cass. sez. Civ. sent. n. 15811 del 2017).

Diversamente da quello che accadeva ante riforma, ove il giudice doveva pronunciarsi sulla separazione per colpa nei casi tassativamente indicati dalla legge, tra queste ricordiamo : l’adulterio, il volontario abbandono della famiglia, sevizie familiari, minacce ed ingiurie gravi o condanna penale.

Difatti, con il nuovo disposto normativo, la pronuncia sull’addebito è solo eventuale e subordinata a un’istanza di parte che allarga il thema decidendum.

Ai fini dell’accertamento per la dichiarazione di addebito, al giudice è demandato il compito di stabilire se la violazione di un dovere coniugale sia stata la causa della frattura del rapporto o se abbia solamente aggravato una crisi preesistente.

Per non parlare delle conseguenze sul piano patrimoniale nei confronti del coniuge a cui si addebita la separazione, il quale non ha diritto ad un assegno di mantenimento né tantomeno può godere di diritti successori nei confronti dell’altro coniuge.

Lo stesso coniuge, qualora sussistano i presupposti, avrà diritto agli alimenti o di un assegno vitalizio a carico dell’eredità se al momento dell’apertura della successione beneficiava di detti alimenti.

Quali somo gli oneri probatori a carico del coniuge che chiede la separazione con addebito?

Richiamando la suindicata massima giurisprudenziale, grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, quindi, dimostrare l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà. (Cass. sez. Civ. sent. n. 15811 del 2017).

Alla stregua di tale assunto giurisprudenziale, spetterà alla parte che propone la domanda con addebito di dimostrare non solo la violazione dei doveri di fedeltà coniugale, ma altresì la dimostrazione che tale violazione ha avuto un’efficacia causale tale da rendere non proseguibile la convivenza.

Mentre, per contro, la parte che eccepisce l’inefficacia di tali fatti dovrà provare l’anteriorità della crisi coniugale all’accertata infedeltà.

Pertanto, i comportamenti contrari ai doveri di fedeltà non devono essere giustificati da pregresse condotte infedeli dell’altro coniuge, ma devono essere stati i primi comportamenti che abbiano inciso sul consorzio matrimoniale ancora saldo.

Sicché, qualora non si dimostrasse l’efficacia causale delle condotte, in violazione del dovere di fedeltà, non verrà disposto l’addebito ma la semplice separazione.

Quali sono gli obblighi di contestazione dell’altro coniuge a cui è stato chiesto l’addebito?

In relazione al riparto degli oneri probatori di cui all’art. 2697 c.c. , la parte contro cui è proposta la domanda ha l’onere di dimostrare i fatti impeditivi e modificativi di quelli posti a fondamento della domanda attorea.

Pertanto, non sarà sufficiente ai fini della decisione del giudice la mera negazione dei fatti contenuti nelle prove dirette.

Ne discende che, oggetto della prova contraria possono essere fatti principali, fatti secondari ed elementi indiziari idonei dimostrare i fatti incompatibili con quelli oggetto di prova diretta.

Ad esempio se il coniuge ricorrente prova l’infedeltà coniugale con fotografie e messaggi, la controparte non si deve limitare ad una generica contestazione ma è tenuta ad assumere un contegno attivo, mediante specificazione e individuazione dei motivi che falsificano la veridicità probatoria delle prove medesime.

Sono valide le prove indiziare?

La parte ricorrente è gravata da un arduo onere probatorio quale quello di cui all’art 2697 c.c.: (), vale a dire dimostrare l’incidenza causale della violazione del dovere di fedeltà, di cui all’art 143 c.c., sulla continuità della convivenza  matrimoniale.

Spesso il giudice fonda il suo convincimento su prove indiziarie che valutate in un compendio probatorio unitario possono orientarne la decisione .

Si pensi ad esempio alle  testimonianze de relato  di soggetti estranei alla vicenda, alle quali  il giudice non è vincolato ai fini della decisione, diversamente da quanto accade con riguardo alla   dichiarazione confessoria.

In questa logica, inoltre il giudice potrebbe, ad esempio, disporre indagini tecniche d’ufficio per verificare la sussistenza di maltrattamenti fisici o aggressioni verbali che sostengano il suo libero convincimento.

Quale rilevanza probatoria hanno le foto e l’ e-mail?

Le copie fotostatiche, le fotografie e l’e-mail rientrano nella disciplina di cui all’art. 2712 c.c., il quale stabilisce che formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Pertanto, i messaggi di posta elettronica e le foto costituiscono piena prova della loro conformità alle intenzioni delle parti, alle cose e ai luoghi rappresentati.

Sicché,  per poter inficiarne l’efficacia probatoria non ci si  può limitare a contestare i fatti che la parte attorea intende provare, ma vi è l’onere di disconoscere tale conformità.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza della Cassazione l’onere di disconoscere la valenza probatoria di una copia fotostatica richiede una precisa esposizione dei motivi che ne evidenziano la difformità non essendo sufficienti forme onnicomprensive di contestazione generica della stessa copia.

A titolo esemplificativo il disconoscimento necessita che il dichiarante motivi in quali punti la copia costituisca un falso,  o perché riprenda solo alcune parti e lo stesso offra alcuni elementi indiziari che dimostrano la non conformità all’originale.

E’ possibile introdurre in giudizio le relazioni investigative?

Sovente per verificare l’infedeltà coniugale i coniugi si affidano a degli investigatori privati per accertare o smentire la sussistenza di una reazione extraconiugale del proprio partner.

Il problema non è di poco conto, muovendo dalla natura giuridica delle relazioni investigative, va precisato che, esse vengono qualificate come testimonianze stragiudiziali; il che val quanto dire che se fossero introdotte in giudizio violerebbero le garanzie processuali dell’acquisizione della prova testimoniale ed i principi del giusto processo.

Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha stabilito in una molteplicità di pronunce come non si possa derogare al principio dispositivo e al contraddittorio per le prove non fornite dalle parti ed acquisite al di fuori delle garanzie processuali.

Ciò premesso, si qualificano come dichiarazioni del terzo in funzione di supporto testimoniale, pertanto, non potranno essere acquisite nel processo le relazioni testimoniali dell’investigatore, ma lo stesso potrà essere ascoltato su fatti circostanziati attraverso l’assunzione della prova orale nel processo.

Ricordiamo che il legislatore ha ammesso la testimonianza scritta sono nelle forme tassativamente indicate nell’art. 257-bis c.p.c., sicché il documento investigativo deve essere acquisito nel processo con prova orale per acquisire valore probatorio.

È evidente, dunque, che l’investigatore non sarà chiamato a confermare l’intero contenuto della sua relazione, ma sarà tenuto, attraverso l’espletamento della prova orale, a rispondere su fatti specifici di cui ne abbia avuto conoscenza diretta.

 

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