Diritto Civile

Lesioni Personali: Le varie tipologie di Danni da Lesioni Personali

Lesioni Personali: Le varie tipologie di Danni da Lesioni Personali

Oltre  ai danni fisici in senso stretto quali inabilità temporanea ed invalidità permanente, morte (danno cd tanatologico) vengono annoverati anche il danno biologico, il danno morale ed il danno esistenziale.

lesioni personali tipologia danno

Danno con invalidità o morte

DANNO CON INVALIDITA’ TEMPORANEA. Per ciò che riguarda l’inabilità temporanea si intende a ciò sotteso il danno che rende l’infortunato incapace di svolgere la propria attività lavorativa per un periodo di tempo limitato. Per esempio se tra le conseguenze di un incidente c’è una lesione ai tendini o il cd colpo di frusta – e tale  condizione impedisca al danneggiato di andare al lavoro per 6 mesi – si discute in tal caso di inabilità temporanea della durata di mesi 6 a decorrere dall’evento preso in considerazione.

DANNO CON INVALIDITA’ PERMANENTE.  Più grave  e complessa pare sicuramente il caso  e la determinazione dell’invalidità permanente;  la stessa colpisce l’assicurato e/o il soggetto di cui si controverte per un periodo di tempo illimitato. Quindi in definitiva si parla di danno da infortunio irreparabile. Il danno subìto dall’assicurato può colpire il corpo in modo parziale o totale con menomazioni fisiche  o  funzionali  che impediscano per sempre al soggetto vittima di incidente /infortunio di poter svolgere le proprie normali attività lavorative. Ad esempio se a causa di  evento /incidente il danneggiato si ritroverà paraplegico (ovvero paralizzato dalla vita in giù per lesione  vertebrale ) o anche con patologie di minor gravità tali da , tuttavia, non consentire più un normale e quotidiano svolgimento di attività.

DANNO TANATOLOGICO O DI MORTE IN CONSEGUENZA  A LESIONI. Il danno tanatologico è una particolare tipologia di danno  dovuto all’evento morte. Per essere definito tale l’evento infausto finale deve esser stato causato  quale conseguenza di una lesione poi rivelatasi mortale per mano di terzi; questo tendenzialmente,  pertanto,   nell’ambito di un fatto illecito per colpa o dolo sotto aspetto psicologico dell’evento. Il danno de quo per essere tale necessita sotto prassi medico legale che dal momento della lesione al momento della morte dell’infortunato sia trascorso anche solo un lasso di tempo breve e non vi sia concomitanza assoluta;  ciò in modo da rendere possibile e con modalità inequivocabili il collegamento ed il nesso eziologico (quindi la causazione dell’evento) tra fatto lesivo ed evento morte.

DANNO BIOLOGICO. Il danno biologico è ormai riconosciuto ufficialmente dalla giurisprudenza rappresentando vasta e variegata casistica  di danni. Il danno biologico  può essere  indicato quale quello causato da un qualunque evento che danneggi l’integrità della persona; soggetto  inteso nella sua totalità e con danneggiamento che può quindi in tale accezione riguardare sia l’aspetto fisico sia l’ aspetto psicologico. Chiara la molteplicità e le sfaccettature che tale terminologia generica possa assumere in concreto .

DANNO MORALE.  Ancora più carattere generale  pare rivestire la categoria del danno morale; in quanto tale implicante tutte le mancate possibilità di guadagno, godimento, felicità e soddisfazione  causate da un particolare evento lesivo. Importante accennare  alla risarcibilità del danno di siffatta catalogazione in caso di evento reato.

DANNO ESISTENZIALE.  Il danno cd esistenziale è stato l’ultimo in ordine di tempo ad esser stato  contemplato a livello giurisprudenziale e di prassi applicativa. Si tratta del danno esistenziale causato da un qualunque evento che possa danneggiare la persona nel concreto sviluppi in divenire della sua personalità attraverso le libere attività umane  come il lavoro, le relazioni interpersonali, l’attività fisica  e lo sport. Nel danno di tale denominazione vengono quindi ricompresi il diritto all’informazione da parte dei medici, il diritto ad avere una famiglia, il diritto al gioco  e quello di avere un’attività lavorativa. Se uno o più di questi aspetti dell’esistenza vengano mano a seguito dell’infortunio/incidente e delle lesioni patite si può dunque parlare di danno esistenziale.

Tutti i menzionati danni – e quindi il correlato diritto al risarcimento alla stregua di parametri e tabelle – non possono pertanto prescindere da una corretta e compiuta ex ante dimostrazione della reale esistenza del danno ,ma anche e soprattutto dalla dimostrazione  proprio attraverso una specifica perizia tecnica  tra fatti incidentali di cui si discetta nel caso specifico ed il danno patito dalla vittima.

Classificazione delle lesioni personali nel codice penale

 

Il reato di lesioni personali è disciplinato  dall’art. 582 c.p. : “chiunque cagioni ad alcuno una lesione personale , dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente , è punito con la reclusione….(la durata dipende dal tipo  di  lesione personale). Nel reato menzionato si delinea un dolo cd generico (idoneità del mezzo e violenza lesiva) , una condotta idonea (qualsiasi mezzo idoneo  a causare lesione)  con mezzi di ogni tipo (azioni commissive ovvero omissive).

Sotto aspetto di procedibilità le lesioni personali dolose sono sempre perseguibili d’ufficio tranne quelle la cui configurazione di  “lesioni  lievissime”  comporti , a contrario, la perseguibilità  a querela della parte offesa. Le lesioni personali colpose, invece,  sono sempre perseguibili a querela di parte offesa tranne le lesioni “gravi e gravissime”  che derivino da inosservanza delle norme sugli infortuni del lavoro o da malattia professionale (procedibili di ufficio per ovvie motivazioni).

Le lesioni personali possono essere classificate in dolose e colpose; ciò a seconda della metodica di causazione  delle stesse.

Una lesione personale dolosa può essere:

  • Lievissima: quando produce malattia che si risolve entro 20 giorni (con non obbligo in taluni casi di refertazione in certificato medico),
  • Lieve: quando produce malattia che si risolve entro 40 giorni. Pena prevista da 3 mesi a 3 anni di reclusione;
  • Grave: quando produce malattia che si risolve, salvo proroghe, in più di 40 giorni di prognosi. La pena prevista  è da 3  a 6 anni  di reclusione;
  • Gravissima: quando produce malattia che certamente o probabilmente sarà insanabile. Pena prevista da 6 a 12 anni di reclusione.

Una lesione personale  colposa  è solitamente  punita con una multa e può essere:

  • Semplice: quando è produttiva di malattia che si risolve entro 40 giorni;
  • Grave: quando è produttiva di malattia che si risolve in più di 40 giorni;
  • Gravissima: quando è produttiva di malattia che certamente o probabilmente sarà insanabile.

Di solito il giudizio sulla durata della malattia viene formulato a guarigione avvenuta; quindi si parla di prognosi ex post. Il tutto sulla base della documentazione sanitaria  che dovrà essere acriticamente vagliata e soppesata con estrema cura e sotto più profili normativi e procedurali. In carenza di documentazione incontrovertibile, a seconda delle fattispecie di cui si  tratta,  vale il principio dell’id quod plerumque accidit (“ciò che di solito accade”); quindi si fa riferimento al tempo medio di guarigione di pazienti con analoghe lesioni iniziali.

AGGRAVANTI  DELLE LESIONI PERSONALI

L’art. 583 c.p. prevede delle aggravanti che fanno rientrare una lesione personale  – dolosa o colposa –  tra le lesioni gravi o gravissime a prescindere dalla durata della malattia.

Una lesione personale sarà sempre grave qualora determini:

  1. PERICOLO DI   Si pensi al soggetto che, a causa di un trauma al torace, riporti un arresto cardiaco e venga poi rianimato;  con ripristino del battito e senza altre conseguenze. Ciò basta per la sussistenza  dell’aggravante. In accezione generica, pertanto, si richiede che venga gravemente perturbata e compromessa una delle tre funzioni vitali per antonomasia  (cardiaca, respiratoria, nervosa)  in modo tale che  sussista il giustificato timore di una morte imminente;
  2. INDEBOLIMENTO DI UN ORGANO. Per tale patologia si intende  la perdita di almeno  il 10% della funzione dell’apparato  di cui  l’organo medesimo fa parte. Alla stregua del disposto di cui all’art. 583 c.p. con il termine organo si intende  l’insieme di parti anatomiche che concorrono ad espletare una determinata funzione. Ad esempio la perdita di uno dei reni costituisce indebolimento  dell’organo uropoietico (e non perdita residuandone uno contro laterale). Ai fini della prassi medico legale, peraltro,  occorre quindi che la funzione sia ridotta  ancorchè con entità limitata.  La nozione di permanenza si basa, comunque, su un giudizio cd probabilistico. Talvolta pare ostico  determinarne irreversibilità in virtù di postumi non certi e permanenti  ( ad esempio perdita di un arto con trauma comportante necessità di amputazione). In siffatta prospettazione,    e cioè laddove si tratti di difetti funzionali per lo più stabilizzati (ad esempio rigidità articolare dopo un considerevole lasso di tempo dagli accadimenti presi in considerazione),  si parla  quindi di ipotesi; talvolta correlandosi  ad un ‘alta improbabilità  di restituito ad integrum. A parte  la metodica che qui si inserisce ergo quella delle protesi utili a sopperire a funzionalità varie del corpo umano  vale il principio secondo il quale , per escludere di fatto indebolimento e quindi aggravante ai fini processuali e/o risarcitori,  la funzione deve  essere esercitata come prima del trauma attraverso la naturale attività dell’organo prescindendo la disamina dall’uso coadiuvante di eventuali protesi e/o mezzi artificiali. Non c’è tra tale tipologia di lesione gravi la perdita di un arto il cui evento rientra, a contrario, tra le lesioni comunque de jure gravissime;
  3. INCAPACITA’ AD ATTENDERE ALLE ORDINARIE OCCUPAZIONI PER UN TEMPO SUPERIORE A 40 GIORNI. Le ordinarie occupazioni, come si è accennato in principio, sono le attività consuete e lecite che costituiscono  l’abituale modo di vita del soggetto leso. Comprendono quindi in via di prassi  gli atti  e le azioni della vita quotidiana  (cura ed igiene personale, mangiare, vestirsi et similia), gli svolgimenti della vita di relazione, le mansioni lavorative ed anche le attività del tempo libero e dello svago. Per determinare l’aggravante menzionata è quindi sufficiente che anche solo  una di queste attività sia impedita; chiaro comunque, anche solo per via logica, che la situazione di cui si discute riveste una sua autonomia giuridica e medico legale solo qualora si estenda anche al periodo post guarigione. Alcune interpretazioni in materia contrastanti sono relative al significato del cd “periodo di convalescenza”  durante il quale il soggetto vittima, pur clinicamente guarito,  debba ancora ristabilirsi in pieno.

Una lesione personale sarà sempre gravissima qualora determini:

  1. PERDITA DI UN SENSO. Consiste nell’abolizione di una funzione cd sensoriale; ad esempio cecità o sordità completa. Alla perdita è  avvicinata per analogia la cd persistenza di cascami di funzione  in concreto, tuttavia, non utilizzabili;
  2. PERDITA DELL’USO DI UN ORGANO. Consiste nell’abolizione della funzione esercitata dall’organo compromesso e di cui si tratta  non necessariamente, però,  dovuta a perdita anatomica . Ovvio possano esser persi solo quegli organi  che non siano indispensabili per la vita ovvero la cui struttura possa essere supportata anche dalla terapia farmacologica . Anche per l’organo i cd “cascami di funzione” equivalgono  a perdita;
  3. PERDITA DELL’USO DI UN ARTO O MUTILAZIONE CHE RENDA L’ARTO INSERVIBILE. Consiste in un’equiparazione giuridica alla perdita dell’uso di un organo ( prensione e deambulazione) in quanto   poiché  gli arti  duplici  la perdita di uno solo  dei due risulti indebolita, ma non compromessa del tutto in via permanente. Si tratta di una scelta normativa specifica alla stregua della valutazione  a’ fini di tutela privilegiata  della funzione prensile e deambulatoria a motivo della loro speciale importanza per la vita di relazione . La perdita può essere anatomica o funzionale (paralisi);
  4. DEFORMAZIONE DEL VISO E SFREGIO. Molto frequente , purtroppo, da ultimo in casi di cronaca – esempio sfregio/deformazione con acido o altri corrosivi – hanno simbolismo ben connotato; essendo  eventi a pregiudizio dell’estetica e dell’identità stessa della persona.  Sfregio  si intende  qualsiasi atto lesivo che produca  un sensibile e permanente  perturbamento delle linee estetiche ed espressive del volto alterandone la regolarità dei  Deformazione in    accezione  medico legale è il sovvertimento della forma del viso. Ne sono esempi le aree cicatriziali  dovute ad ustione od a causticazione da sostanze acide (vetriolo), amputazione del naso ovvero enucleazione di un occhio;
  5. PERMANENTE E GRAVE DIFFICOLTA’ DELLA FAVELLA. Anch’essa viene equiparata alla perdita dell’uso di un organo. Pure in questo caso il legislatore ha voluto privilegiare la tutela di una funzione di eccezionale importanza per la vita di relazione;
  6. PERDITA DELLA CAPACITA’ DI PROCREARE. Si tratta in realtà di fattispecie di aggravante in più essendo già di fatto in via normativa nella più ampia previsione di perdita dell’uso di un organo (della procreazione appunto). Si delineano molteplici fattispecie a seconda che il soggetto leso sia maschio ovvero femmina; l’aggravante sussiste anche qualora la funzione perduta possa essere vicariata  dall’ausilio dell’arte medica. Ad esempio con applicazioni di protesi  o tramite ricorso a  tecniche di fecondazione assistita oppure con effettuazione, in surroga, di parto cesareo indotto.
Hai trovato utile questo articolo? Dagli un voto:
[Totale: 0 Media: 0]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Apri Chat!
Siamo in Chat!
Ciao, hai bisogno della consulenza di un avvocato della tua città? Spiegaci il tuo problema e sarai ricontattato entro qualche ora