Diritto di Famiglia

Pratica Collaborativa: Cos’è, Come Funziona, Quanto Costa, Tempi?

La Pratica Collaborativa: un nuovo modo per far negoziazione

pratica collaborativa

 

Pratica Collaborativa: Cos’è?

Tra i metodi alternativi di risoluzione delle controversie – in materia familiare –  è ancora poco conosciuta la c.d. pratica collaborativa.

Si tratta di uno strumento nato oltre oceano negli ultimi anni e giunto in Italia solo recentemente.

Come accade per gli altri strumenti deflattivi del contenzioso, anche la pratica collaborativa ha  lo scopo di risolvere i conflitti familiari tramite un dialogo costruttivo e la partecipazione di ogni singolo individuo alla creazione dell’accordo definitivo, il tutto sotto la constante guida di esperti professionisti.

La pratica collaborativa consiste sostanzialmente in una negoziazione che vede quali protagonisti i singoli individui facenti parte del nucleo familiare. Questi, infatti, coadiuvati dai rispettivi avvocati e dalla  presenza di altre figure – ove necessarie – collaborano al fine di raggiungere un accordo che soddisfi le loro esigenze.

Ciò che distingue tale tipologia di negoziazione è l’assistenza offerta da parte di altre figure, diverse dall’avvocato.

Chi sono i professionisti coinvolti?

Come accennato, nella pratica collaborativa, oltre alla presenza degli avvocati delle parti in conflitto, i quali si adoperano per condurre una negoziazione trasparente e adeguata per i loro assistiti, troviamo la collaborazione di altri professionisti.

La loro partecipazione risulta fondamentale per regolare ogni aspetto controverso, il cui ruolo è neutrale rispetto alle parti contrapposte.

In particolare, può esser presente il commercialista, deputato a risolvere i conflitti patrimoniali o fiscali della famiglia.

Egli si pone come professionista neutrale della coppia, la quale lo incarica congiuntamente.

La sua presenza/assistenza è finalizzata a trovare accordi economici efficienti e con il minor danno finanziario possibile.

Non è, dunque, un consulente di parte e ha l’obiettivo di illustrare ai clienti la situazione finanziaria personale, analizzando non solo i flussi economici delle parti, ma anche la loro concreta disponibilità economica. La sua analisi permette ai soggetti coinvolti di comprendere effettivamente quali siano le spese del singolo e di proiettarsi nel futuro accordo con una consapevolezza anche dal punto di vista economico.

Altra figura di rilievo è il c.d. facilitatore della comunicazione , ossia un esperto nelle relazioni. Invero, accade spesso che i discorsi condotti in negoziazione tocchino solo aspetti superficiali.

Il facilitatore può essere un mediatore, uno psicoterapeuta ovvero uno psicologo.

Egli, attraverso la tecnica del c.d. ascolto attivo, aiuta le persone a parlarsi in modo costruttivo, facendo emergere i reali bisogni del singolo.

Il suo compito consiste nel far emergere le emozioni profonde dei soggetti e trasformarle di modo che il conflitto possa divenire costruttivo di un accordo duraturo.

Anche il facilitatore ha un ruolo neutrale tra le parti e, c lavorando con il team, crea un clima di fiducia e ascolto.

Ove nella famiglia vi sia la presenza di figli e di  minori è possibile che nel team sia presente anche un esperto dell’età evolutiva, il cui compito si concentra nella riscoperta della genitorialità e nell’educazione all’ascolto reciproco all’interno della famiglia.

Nello specifico, questo professionista conduce colloqui, sia individuali che di gruppo, con figli e genitori, al fine di migliorare la qualità dei rapporti e a sviluppare la comprensione dei bisogni di ognuno.

Per quanto concerne i figli, questi oltre a ricevere l’assistenza e il supporto necessario, sono aiutati a comprendere la trasformazione cui è sottoposto il nucleo familiare.

I principi cardine della pratica collaborativa

Questo metodo di risoluzione del conflitto fonda il proprio funzionamento sul rispetto di tre principi fondamentali:

  1. preliminarmente, il ricorso alla pratica collaborativa, presuppone che sia clienti che avvocati concordino in anticipo la rinunzia alle vie giudiziarie. Si tratta di un impegno che viene assunto proprio dagli stessi avvocati. Sostanzialmente, in caso di futura controversia tra le parti, gli avvocati coinvolti nella pratica collaborativa non potranno ricever mandato ed essere i difensori.

Si tratta di un principio basilare che permette alle parti coinvolte di negoziare in buona fede, senza la costante presenza della “minaccia” di un giudizio futuro.

  1. Secondo principio è la trasparenza che caratterizza il percorso. Infatti, le parti concordano lo scambio informale di tutte le informazioni necessarie e pertinenti per raggiungere l’accordo.

Tutte le informazioni influenti, sia di carattere economico che personale, vengono condivise.

L’impegno alla trasparenza è il motore del procedimento collaborativo e permette il consolidarsi della fiducia. Per tutto il percorso di pratica collaborativa i soggetti coinvolti scambiano tra loro le informazioni necessarie.

  1. Terzo fondamentale principio è la buona fede nelle trattative, che contribuisce a creare quel clima sereno in cui generare la soluzione più idonea al conflitto.

La procedura

Il percorso di pratica collaborativa prevede, innanzitutto, la sottoscrizione del relativo accordo di partecipazione al procedimento. Senza questo previo accordo non è possibile parlare di pratica collaborativa.

L’accordo di partecipazione è un contratto tra tutte le parti coinvolte, professionisti compresi.

In calce allo stesso è contenuto l’impegno di rinunzia a futura assistenza giudiziale da parte degli avvocati.

Il suo rispetto è fondamentale: ove un avvocato si renda conto che il proprio assistito non presta la necessaria collaborazione nel procedimento, dovrà rinunciare al mandato assunto.

Il ruolo dell’avvocato è concentrato a favorire la transazione della famiglia verso una riorganizzazione dei legami, favorendo anche l’autodeterminazione dei clienti.

È cosi che i clienti diventano i protagonisti del la trattativa, giungendo a risultati personalizzati.

Successivamente alla sottoscrizione del contratto, inizia il percorso di pratica collaborativa che si articola un una serie in incontri, ognuno dei quali ha una durata di circa un paio d’ore.

La  pratica collaborativa si sostanzia in una vera e propria negoziazione, attraverso lo scambio di informazioni e la proposta di plurime soluzioni su ogni singola questione dibattuta. È incentivato e promosso lo scambio di idee “a ruota libera”, ossia proponendo una molteplicità di possibili opzioni da valutare. La scelta dell’una ovvero dell’altra è operata di comune accordo.

La negoziazione è condotta sugli interessi coinvolti e non sulle c.d. posizioni – ossia sulle pretese avanzate.

I Vantaggi della pratica collaborativa

La scelta di superare il conflitto attraverso pratica collaborativa, permette lo sviluppo non solo della comunicazione tra gli individui, ma anche dell’ascolto tra gli stessi.

Una comunicazione efficace e consapevole rafforza la fiducia e la consapevolezza del singolo nei rapporti e nelle relazioni umane.

Il lavoro condotto in team produce l’effetto positivo di adottare, a fronte del conflitto, una soluzione condivisa a livello familiare.

Inoltre, ogni informazione o documento di cui se ne condivide la conoscenza resta riservato alla conoscenza del gruppo di lavoro.

Infine, aspetto degno di importanza è senz’altro quello legato ai costi della procedura.

Sicuramente questi sono inferiori ove confrontati con quelli sostenibili nel corso di un giudizio civile.

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