Diritto Penale

Reato di Stalking: si configura anche se durato pochi giorni?

Reato di Stalking: si configura anche se durato pochi giorni?

Si configura il reato di stalking anche se l’attività persecutoria è consumata in un arco temporale molto ristretto.

stalking quanto deve durare per configurarsi il reato

Una persecuzione di soli tre giorni è sufficiente per una condanna

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 104 del 03 gennaio 2018, ha confermato una sentenza di condanna alla pena di mesi sei di reclusione emessa nei confronti di un uomo per aver posto in essere un’attività persecutoria ai danni di una giovane donna.

I giudici di legittimità, hanno chiarito che a nulla rileva l’intervallo di tempo entro cui viene consumato, dall’agente, la condotta delittuosa atteso che “può ritenersi integrato il delitto di cui all’art. 612 bis c.p. anche nel caso in cui l’attività di persecuzione sia posta in essere in un lasso temporale molto breve (anche un solo giorno) sempre che gli atti siano autonomi e che la reiterazione degli stessi sia la causa di uno degli eventi alterativi di cui alla norma incriminatrice.”

Orbene, la Corte nel ripercorrere il percorso argomentativo, dapprima del Giudice di prime cure e poi della Corte di Appello, ha ritenuto i comportamenti dell’imputato effettivamente idonei e sufficienti a generare nella vittima un tale timore per l’integrità fisica propria e dei prossimi congiunti tale da indurla a modificare le proprie abitudini di vita.

L’ipotesi delittuosa di stalking è stata introdotta nel nostro sistema al fine di dare una aspra risposta sanzionatoria a condotte di grande allarme sociale perché particolarmente lesive della libertà psichica e morale di un soggetto. Attraverso la reiterazione di comportamenti violenti o minacce viene fortemente compromessa la stabilità psicologica della vittima.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte l’artefice della persecuzione aveva posto in essere una serie di atti persecutori quali appostamenti, pedinamenti, avvicinamenti alla vittima che avevano provocato nella vittima un forte stato di ansia.

La parte offesa, infatti, al fine di tutelare se stessa e la propria prole – in quanto temeva per la propria integrità fisica e quella dei propri figli – era stata costretta ad apportare modifiche alle proprie abitudine di vita.

In particolare, aveva cambiato l’orario in cui normalmente si recava al parco con i bambini per paura che potesse accadere loro qualcosa di grave.

Comportamenti questi che – a parere degli ermellini – possono ritenersi, senza ombra di dubbio, idonei a determinare uno dei possibili effetti previsti dall’art. 612 bis. c.p. ossia un forte senso di ansia ovvero il timore per l’incolumità fisica propria e/o dei propri cari o ancora idonei a costringere una persona a cambiare le proprie abitudini.

Laddove, quindi, uno di questi eventi sia la diretta conseguenza della reiterazione dell’attività persecutoria posta in essere ai danni della parte offesa si può ritenere integrato il delitto in parola, sebbene la condotta si sia protratta soltanto per pochi giorni.

Idoneità degli atti a compromettere l’equilibrio psicologico della vittima

Per giurisprudenza oramai consolidata, ai fini della configurabilità del delitto di stalking è sufficiente che la condotta persecutoria – così come posta in essere – abbia effettivamente determinato nel soggetto passivo uno stato di agitazione che non deve essere necessariamente uno stato patologico ma che abbia in ogni caso alterato la serenità della vittima, destabilizzandola.

Affinchè possa ritenersi sussistente il reato ex art. 612 bis c.p. è necessario che la reiterazione degli atti persecutori abbia avuto un certo riflesso nella vita della vittima e, nello specifico, che abbiano influenzato la sfera emotiva e psicologica della parte lesa.

Tanto è vero che nel caso in cui il soggetto non si limita a disturbare una persona ma suscita effetti molto più allarmanti, così come sopramenzionati, la condotta persecutoria non può ritenersi rientrante nella attività molesta tutelata dall’art. 660 c.p. bensì nella più grave fattispecie di reato di stalking.

Diversamente da quanto sostenuto dall’imputato, per il tramite del suo procuratore, che riteneva che si trattasse di un mero corteggiamento – probabilmente non corrisposto – e, pertanto, i suoi comportamenti avrebbe potuto eventualmente arrecare disturbo alla sua amata ma non certamente uno stato di agitazione psichica.

La Suprema Corte, invece, uniformandosi alla più accredita giurisprudenza rigettava il ricorso proposto dall’imputato ritenendo che i punti di criticità sollevati rispetto all’impugnata sentenza risultavano assolutamente infondati.

La differenza tra il delitto di stalking e il reato di molestie alla persona

L’ipotesi criminosa di molestie e disturbo alla persona di cui all’art. 660 c.p. disciplina la condotta di molestia o disturbo nei confronti di una persona punisce, il soggetto agente, con l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda di cinquecentosedici euro.

E’ una contravvenzione, dunque, che prevede e tutela la vittima di condotte moleste diversamente dal delitto di stalking il cui trattamento sanzionatorio è, decisamente, più aspro e – laddove ci siano i presupposti – prevede l’applicazione di misure restrittive della libertà personale.

In particolare, è stato introdotta la misura del divieto di avvicinamento. ai luoghi frequentati dalla parte offesa ex art 282 ter c.p.p al fine di impedire, soprattutto, il protrarsi degli atti persecutori nei confronti della vittima.

La condanna prevista per il reato di cui all’art. 612 bis, infatti, è la reclusione dai sei mesi ai cinque anni con aggravamento della pena nel caso in cui l’attività persecutoria sia posta in essere nei confronti del coniuge, sebbene separato o divorziato, ovvero nei confronti di una persona con la quale vi sia un rapporto affettivo.

La circostanza aggravante è ,altresì, prevista anche laddove gli atti persecutori siano diretti verso soggetti minorenni ovvero che presentino talune forme di disabilità oppure nei confronti di donne in stato interessante.

Sei mesi per sporgere querela e, in alcuni casi, è procedibile d’ufficio

Tuttavia, dal dettato normativo non si evince unicamente l’aspetto sanzionatorio in quanto, nello stesso, sono tassativamente indicati le ipotesi in cui la procedibilità è d’ufficio e il termine entro cui è possibile querelare l’autore della persecuzione.

Nel caso de quo, l’atto di querela è proponibile entro sei mesi e, dunque, un lasso temporale maggiore rispetto a quello ordinario previsto per le altre ipotesi di reato. L’eventuale remissione è processuale ai sensi del combinato disposto art. 152 c.p. e art. 340 c.p.p.

La querela è, invece, irrevocabile nel caso in cui il fatto sia avvenuto mediante minacce di cui all’art. 612 co “ c.p.

Sebbene il quadro normativo non si presenta affatto lacunoso in quanto il legislatore è stato effettivamente attento alle esigenze di tutela delle vittime di atti persecutori introducendo con il D.L. 11/09 convertito in L. n. 38/09 un ipotesi di reato ad hoc ossia il delitto di stalking purtroppo continua ad essere un fenomeno che attanaglia la nostra società.

La prevenzione e la repressione di reati di violenze – sia essa fisica o morale – soprattutto in considerazione del fatto che, il più delle volte, la vittima è anche il soggetto più debole continua ad essere oggetto di riforma del sistema giudiziario al fine di garantire una tutela effettiva a coloro che si trovavo a subire una vera e propria intrusione nella loro sfera squisitamente privata.

L’attività di stalking tramite i social network

Tanto è vero che il delitto di cui all’art. 612 bis c.p. è, altresì, configurabile anche se l’attività persecutoria dello stalker avviene mediante il noto social network denominato facebook.

Per cui quello che, per mera leggerezza, può essere inteso come un metodo persuasivo per intraprendere una relazione affettiva potrebbe dar luogo ad un disagio psicologico della persona nei cui confronti sono rivolte le nostre insistenti attenzioni e, per effetto, si potrebbe rischiare di essere coinvolti in una vicenda giudiziaria. Ovviamente sempre che i comportamenti presentino i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla norma incriminatrice ai fini della configurabilità del delitto de quo.

L’intromissione nella vita di una persona, laddove non sia gradita, è una mancanza di rispetto verso tale soggetto e talvolta può trasformarsi in una vera persecuzione che compromette e limita fortemente la piena libertà morale e psichica di cui ognuno deve poter disporre.

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