Diritto Penale

Remissione Di Querela: Come Funziona?

Per poter procedere in ordine ad alcuni delitti specifici (tra gli altri ad esempio i reati di lesioni, percosse, furto o diffamazione) la Legge richiede quale condizione di procedibilità la presentazione di un’apposita manifestazione di volontà in punto; detta appunto atto di querela.

Detto atto contiene, oltre alla rappresentazione del fatto, la dichiarazione nella quale la persona offesa dal reato manifesta la volontà che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato (art. 336 codice di procedura penale).

La querela pertanto può essere presentata personalmente ovvero a mezzo di procuratore speciale. 

E’ proposta alle medesime Autorità alle quali può essere presentata anche una denuncia; precisandosi in merito che l’atto di querela a differenza della denuncia deve essere presentata entro tre mesi dalla scoperta del fatto che costituisce reato (salvo altre rare ipotesi in cui i termini sono più lunghi: art. 124 co. 1 codice penale).

Denuncia e querela

Bene esplicitare le diversità delle due figure giuridiche; affini, ma sostanzialmente e proceduralmente diverse. Spesso confuse nel comune sentire e genericamente indicate.

La denuncia ex art. 330 c.p. può essere presentata da chiunque ed è uno dei mezzi attraverso i quali le Forze dell’Ordine – e quindi il Pubblico Ministero – prendono cognizione di un fatto costituente reato; insomma ricevono la notizia di reato.

Determinati soggetti qualificati, tra tutti gli appartenenti alla Polizia Giudiziaria in quanto pubblici ufficiali, sono in realtà obbligati ad effettuare denuncia di un determinato fatto costituente reato; in modo che lo stesso sia portato a conoscenza del Pubblico Ministero.

Tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che durante l’esercizio delle loro funzioni ovvero durante il loro servizio abbiano notizia di un reato perseguibile d’ufficio devono farne denuncia scritta; anche laddove l’autore del reato di cui si controverta non sia identificato (art. 331 co. 1 c.p.p.).

Nel caso quindi di una denuncia di un fatto/reato perseguibile d’ufficio il procedimento si avvia ed è procedibile a prescindere dalla volontà della persona offesa dal reato medesimo o dal denunciante.

In realtà non tutte le denunce alle Autorità competenti faranno sorgere un procedimento penale; evidente la distinzione in sostanza tra delitti perseguibili a querela e delitti perseguibili d’ufficio ponendo quale principio generale la regola della procedibilità ex officio ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 50 co. 2 c.p.p.).

Altra particolarità, correlata alla diversa gravità dei reati in questione, è quella per cui la querela, al contrario della denuncia, può essere rimessa.

In altri termini la persona offesa dal reato (querelante) può decidere di non voler più proseguire penalmente nell’azione intrapresa contro il colpevole del reato; a contrario il denunciante, laddove si parli di reati procedibili ex officio, non potrà arrestare il procedimento penale a cui ha dato origine.

Ergo distinzione in pillole:

  • al fine di procedere penalmente per un reato procedibile a querela è necessario che venga sporta, appunto, querela; mentre per tutti gli altri reati procedibili ex officio è sufficiente la notizia di reato (denuncia);
  • la denuncia può essere presentata da chiunque; la querela può essere proposta solo dalla parte offesa;
  • la querela deve contenere la manifestazione di volontà espressa di veder punito l’autore del reato;
  • la querela può essere rimessa (cioè rinunciata) impedendo la prosecuzione del procedimento penale – o decretandone estinzione – ma ciò non avviene nel caso della denuncia;
  • la querela, al contrario della denuncia, va presentata entro il termine perentorio di mesi 3 dalla scoperta o commissione del fatto reato. La denuncia può essere, invece, presentata in ogni tempo purchè prima del termine di prescrizione del reato a cui si riferisce.

Remissione della querela

remissione querela

Come anticipato la remissione della querela (art. 152 e segg codice penale) è l’atto di manifestazione di volontà da parte del soggetto che ha precedentemente attivato il diritto ex art. 340 c.p.p. contro un reato di cui è stato vittima (e non procedibile ex officio) di non voler più perseguire penalmente l’autore.

La remissione pertanto ha esattamente il significato di revoca della querela; atto che una volta accettato nei sui effetti dal soggetto querelato determina la cessazione ovvero l’estinzione dell’azione penale precedentemente iniziata, ergo in sostanza l’estinzione del reato medesimo.

A’ sensi e per gli effetti di cui all’art. 152 co. 3 c.p.p. la remissione può essere effettuata dalla parte offesa in qualsivoglia momento; in ogni stato e grado del procedimento e sino a che non sia intervenuta per detti fatti una sentenza di condanna (definitiva).

Detto atto di remissione non può essere sottoposto a termini ovvero a condizioni.

La remissione può essere presentata personalmente dal querelante oppure dal difensore munito di procura speciale.

A seguito dell’intervento in punto da parte della Corte Costituzionale il diritto di remissione della querela, nel caso di morte della persona offesa, può essere esercitato anche dagli eredi allorchè tutti siano d’accordo nell’intendimento.

A fine di poter conseguire il suo effetto proprio – cioè l’efficacia estintiva quale manifestazione di volontà e de relato del reato stesso – la remissione della querela deve essere accettata dal querelato; il quale potrebbe invece avere interesse a dimostrare la propria innocenza rispetto ai fatti contestati e posti a fondamento dell’imputazione.

L’accettazione cd tacita può essere desunta anche da fatti incompatibili con la volontà di ricusare ovvero rifiutare la remissione.

In punto giurisprudenza – in primis Cassazione penale N. 195568/2010 – alla stregua della quale viene riconosciuto significato di accettazione tacita anche la mancata comparizione del querelato, al quale sia stata in precedenza comunicata la remissione della querela, all’udienza fissata.

Quindi una lettura per cd fatti concludenti equivalenti ad un’accettazione espressa.

Remissione processuale e extraprocessuale

Alla stregua delle disposizioni di cui ad art. 152 co. 2 c.p. la remissione della querela può essere sia processuale così come extraprocessuale.

Nel primo caso è quindi fatta in sede di processo ovvero nel corso del procedimento/giudizio e va effettuata con le medesime forme di cui a rinuncia espressa alla querela.

In sede extraprocessuale e cioè resa fuori dal processo ex art. 152 co. 3 c.p. la remissione può essere desunta dall’adozione di fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela; quindi nella perseguibilità del reato.

Per ciò che concerne tale aspetto la giurisprudenza. maggioritaria – a partire da Cassazione Sez. Unite del 2008 – ha sempre richiesto allo scopo fatti univoci e non suscettibili di diversa interpretazione; escludendosi con ciò gli atti di mera natura omissiva.

In tempi più recenti – Cassazione Sez Unite anno 2016 – si ravvisa come rappresenti una forma di remissione tacita della querela la condotta del querelante che non compaia personalmente all’udienza dibattimentale; pur se espressamente avvertito e diffidato dal Giudice sul fatto che un’eventuale mancata comparizione sarebbe stata interpretata quale manifestazione di volontà di non persistere nella querela proposta ex ante.

Chi paga le spese del procedimento in caso di remissione?

In precedenza poste a carico del querelante a seguito della modifica intervenuta con Riforma del 1999 le spese del procedimento – in caso di remissione della querela – sono poste a carico del querelato; certamente, tuttavia, salvo diverso accordo delle parti espressamente convenuto nell’atto di remissione stessa (infra art. 340 co. 4 c.p.p.).

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