Diritto del Lavoro

Licenziamento Disciplinare: Diritto alla Naspi?

Affrontiamo oggi particolare aspetto dell’intricata normativa giuslavorista; entrando nel mondo dei contratti collettivi, ticket naspi, licenziamento disciplinare nelle sue prospettazioni et simila.

Licenziamento disciplinare: quando è legittimo?

In primis bene rammentare e premettere cosa si intenda per licenziamento disciplinare: ovvero il licenziamento per giusta causa e/o per giustificato motivo soggettivo.

Quindi situazioni di distonìa nel rapporto di lavoro tali da configurare fattispecie in cui la condotta del lavoratore pregiudica, in via di fatto, la stessa continuazione del rapporto medesimo.

Sino ad arrivare, a causa di inadempienze di varia natura, alla definitiva cessazione.

Inutile sottolineare l’attualità del tema; mondo sperequato del lavoro laddove l’Italia, complici congiunture a 360°, abbia in oggi uno dei tassi di disoccupazione – range età giovanile soprattutto – tra i più significativi d’Europa.

Secondo il codice civile – art. 2119 – si parla quindi di cd “giusta causa” di licenziamento quando si verifichi “una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto“; da qui l’intimazione deve esser tempestiva ed immediata.

Il datore di lavoro pertanto ha facoltà di:

  • recedere dal contratto prima della scadenza del termine qualora il rapporto sia a tempo determinato;
  • non dar preavviso se il contratto sia a tempo indeterminato. In tal caso il recedente ha obbligo di versare un’indennità solitamente equivalente alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per il periodo di preavviso medesimo.

Pertanto con licenziamento disciplinare è intesa la sanzione con cui il datore di lavoro metta fine ad un rapporto lavorativo a causa di violazioni di regole di comportamento da parte del lavoratore; regole certamente stabilite dalla legge ovvero dai contratti collettivi ovvero dal codice disciplinare dell’Azienda.

Nell’ambito di tale fattispecie, quindi, rientra il licenziamento disciplinare per assenza ingiustificata; senza ciò addurre alcunchè di legittimo in riferimento alla sospensione della propria attività lavorativa.

In stretta connessione qualora il lavoratore abbia svolto altre attività lavorative in un periodo di malattia, abbia utilizzato permessi per scopi differenti da quelli stabiliti ex lege, abbia esercitato attività/mansioni ovvero svolto prestazioni in evidente concorrenza, abbia mistificato rimborsi spese e condotte similari.

Il licenziamento disciplinare, pertanto, si può suddividere per comodità ed in via schematica in due tipologie:

  1. licenziamento per giusta causa;
  2. licenziamento per giustificato motivo.

In entrambi i casi il licenziamento disciplinare dovrà essere comunicato per iscritto attraverso un documento tale da poter chiarire ed intimare la cessazione del rapporto di lavoro sotteso da evidenziate motivazioni.

Licenziamento disciplinare: diritto alla Naspi?

licenziamento disciplinare e diritto alla naspi

Per Naspi si intende la “nuova assicurazione sociale per l’impiego”; insomma il diritto all’indennità di disoccupazione così come delineata a far data dal 1° maggio 2015 alla stregua delle modifiche ed evoluzioni della normativa di riferimento.

Riconosciuta ai dipendenti che perdono il lavoro diventando disoccupati per motivi, in via di ampia accezione, indipendenti dalla propria volontà.

Ovviamente, così come in tutti i casi di tal fatta, occorre valutare la situazione in concreto non potendosi generalizzare in via assoluta.

Tuttavia la Naspi spetterebbe in via di principio ai soli disoccupati involontari; seppur con qualche eccezione.

Ovvero: ad esempio la Naspi è concessa per dimissioni per giusta causa e cioè quando si sia verificato un particolare evento, comunque non imputabile al dipendente, che renda impossibile la prosecuzione del rapporto lavorativo.

Altri requisiti per poter beneficiare della Naspi:

  • Impiego nel settore privato (l’indennità non spetta agli statali);
  • essere in disoccupazione involontaria (cioè il lavoratore non deve aver presentato le dimissioni: ad eccezioni di quelle presentate per cd “giusta causa”);
  • aver almeno maturato 13 settimane di contribuzione negli ultimi 2 anni;
  • aver effettuato almeno 30 giorni di lavoro nell’ultimo anno.

Il quesito iniziale, e cioè il rapporto tra diritto alla Naspi nel caso di licenziamento disciplinare, non è di poco conto; ciò per le sfaccettature e le particolarità delle situazioni che possono delinearsi.

Tuttavia anche il Ministero del Lavoro è intervenuto in punto; cercando di far chiarezza su presupposti e circostanze che in concreto possano verificarsi.

Come già accennato,insomma, per usufruire della Naspi, risulta necessario che il rapporto di lavoro venga interrotto contro la volontà del dipendente; per cui la percezione della stessa risulta esclusa in caso di dimissioni volontarie.

Anche tuttavia nell’ipotesi di un licenziamento disciplinare, tra questi ad esempio quello dovuta a cd “assenze ingiustificate”, alla stregua dell’interpretazione offerta dal Ministero del Lavoro si avrebbe comunque diritto alla Naspi.

Tale indennità, pertanto, spetterebbe anche quando sia il comportamento del lavoratore ad aver provocato lo scioglimento del rapporto lavorativo; in quanto quest’ultimo sarebbe comunque deciso in modo univoco pur sempre, in definitiva, dal datore di lavoro.

Tale tipo di cessazione, infatti, non risulterebbe in automatico; necessitando, comunque, di una riconducibilità alla decisione ed arbitrarietà del datore di lavoro.

Il licenziamento disciplinare, insomma, rientrerebbe nella tipologia della cd “disoccupazione involontaria”; di conseguenza il lavoratore, alla stregua della più frequente interpretazione, si ritiene possa aver accesso all’indennità stessa.

Tra le motivazioni di questa linea di pensiero si leggono certamente sia la discrezionalità del datore di lavoro nel comminare il licenziamento sia l’impugnabilità dello stesso da parte del lavoratore nelle opportune ed individuate sedi giudiziarie.

A corollario si consideri che anche nel caso di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo l’azienda ha il dovere di pagare il Ticket di licenziamento; cioè un contributo che i datori di lavoro devono corrispondere all ‘INPS per tutti quei casi in cui l’interruzione del rapporto di lavoro dia diritto alla Naspi.

Ivi, pertanto, compreso il licenziamento disciplinare e le dimissioni per giusta causa.

Ticket Naspi 2019

L’art. 2 co. 31 della legge N. 92/2012 ha introdotto l’obbligo per le Aziende ed i datori di lavoro, in caso di interruzione involontaria di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di corrispondere un contributo predeterminato; detto appunto ticket Naspi ovvero ticket licenziamento.

Quindi con la cd Riforma Fornero e modifiche successive si è previsto che il datore di lavoro debba versare all ‘ Inps un contributo per finanziare un’eventuale indennità di disoccupazione da versare al neo disoccupato.

Detto ticket, che dal 1° gennaio 2017 avrebbe preso il posto della cd indennità di mobilità, vede duplice ratio:

  1. finanziare la Naspi e cioè come spiegato l’indennità di disoccupazione che l’Inps, salvo eccezioni di cui infra, riconosce a chi perde il posto di lavoro;
  2. scoraggiare i licenziamenti.

L’importo da versare è pari al 41% (82% in ambìto licenziamenti collettivi) del massimale mensile.

Detto ticket risulterà pertanto dovuto nei seguenti casi:

  • dimissioni durante il periodo tutelato di maternità;
  • dimissioni per giusta causa;
  • risoluzione consensuale con procedura di conciliazione prevista dal nuovo rito Fornero;
  • risoluzione consensuale in caso di conciliazione presso l ‘ Ispettorato del Lavoro;
  • mancato superamento del periodo di prova;
  • recesso del datore di lavoro al termine dell’apprendistato;
  • licenziamento del lavoratore, compresi apprendisti, per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa;
  • licenziamento disciplinare (ivi compreso quello determinato da cd assenze ingiustificate).

In linea di massima, anche per avere un parametro numerico di quanto si va argomentando, l’importo da versare a titolo di ticket Naspi risulta  equivalente al 41% del massimale mensile; quest’ultimo per l’anno 2019 è pari ad Euro 1.221, 44 per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni.

Ergo per l’anno 2019, per ogni 12 mesi di anzianità aziendale, il contributo da versare è pari ad Euro 500,79. Per i lavoratori con anzianità pari o superiore a mesi 36 il contributo può arrivare sino ad un max di Euro 1.502,37 (500,79 x 3).

Da ciò consegue che su base mensile il ticket Naspi, per ogni mese di anzianità di servizio, sia pari ad Euro 41,73.

I calcoli sono da considerarsi indicativi; salvo errori e/o omissioni. In una disciplina completamente in divenire ed oggetto di aggiornamenti pressochè senza soluzione di continuità.

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