Diritto del Lavoro

Licenziamento per Scarso Rendimento: Quando Avviene e Come Può Evitarsi?

licenziamento per scarso rendimento

Quali sono i requisiti del licenziamento per scarso rendimento?

Il licenziamento per scarso rendimento rientra nel potere disciplinare de datore di lavoro si configura a seguito di una condotta non diligente del dipendente intesa come disimpegno, disaffezione o disinteresse alle mansioni a cui lo stesso è adibito.

Al riguardo, la giurisprudenza ha valutato una serie di criteri atti a giustificare il licenziamento per scarso rendimento attraverso il raffronto tra gli obiettivi prefissati dal datore e gli standard di diligenza minimi previsti per le mansioni in concreto espletate dal lavoratore.

La ragione e il fondamento di tale forma di illecito disciplinare è ravvisabile nell’art 2104 c.c., il quale stabilisce che il lavoratore deve eseguire la prestazione con diligenza nell’interesse dell’ impresa e nell’interesse della produzione nazionale.

Sicché, l’obbligo di diligenza si sostanzia nella tipologia di prestazione da eseguire e di tutti gli oneri accessori per garantirne il rendimento.

licenziamento per scarso rendimento

Potremmo qualificare il licenziamento come recesso datoriale derivante da uno scarso rendimento del dipendente rispetto agli obiettivi prefissati dall’attività imprenditoriale, a sua volta si pone come specie della risoluzione per inadempimento prevista dagli artt. 1453 c.c. . (Cass. Civ. 09/07/2015 n. 14310)

In relazione alla qualifica del licenziamento derivante da scarso rendimento,  l’impostazione maggioritaria tende a configurarlo nei licenziamenti imputabili a comportamenti soggettivi del dipendente, fermo restando che, non mancano impostazioni di diverso parere che  qualificano tale forma di licenziamento all’interno del giustificato motivo oggettivo.

Le conseguenze e le implicazioni, anche sul piano delle tutele non possono essere che differenti.

Qualora si dovesse inquadrare lo scarso rendimento nell’ambito del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il datore di lavoro dovrà  procedere alla contestazioni imputabili al lavoratore seguendo la procedura dell’art 7 della legge n. 300/70 , nonché del codice disciplinare e della contrattazione collettiva.

Il datore di lavoro dovrà dimostrare, altresì, l’inadempimento e l’imputabilità dello stesso della sua condotta negligente rispetto agli standard richiesti. Sotto il profilo della tutela, lo scarso rendimento per giustificato motivo soggettivo lascia un residuale spazio alla reintegrazione del lavoratore.

Laddove si dovesse propendere per configurare lo scarso rendimento nel giustificato motivo oggettivo, il datore non solo dovrà dimostrare il motivo addotto nel licenziamento, ma deve, altresì, dimostrare il repechage, ossia di aver utilizzato il lavoratore ad altre mansioni uguali o diverse a quelle per cui è stato assunto.

La giurisprudenza maggioritaria qualifica il licenziamento per scarso rendimento come licenziamento per giustificato motivo soggettivo, incombendo sul datore di lavoro ai sensi dell’art 5 della l 604/66 (recante norme sui licenziamenti individuali) l’onere della prova.

Quali oneri probatori incombono sul datore di lavoro?

Dal punto di vista dell’onere probatorio, non è sufficiente che il datore si limiti a mere valutazioni soggettive del dipendente o si limita allegare la semplice sproporzione tra la prestazione del dipendente e gli obiettivi della produzione.

Diversamente, la giurisprudenza ha individuato una serie di criteri o di oneri probatori imposti al datore di lavoro.

Difatti, la valutazione dello scarso rendimento richiede la dimostrazione di elementi connotati da oggettività , come ad esempio valutare la sproporzione del lavoratore  e lo scarso rendimento tenendo conto dei risultati ottenuti da altri dipendenti adibiti alle stesse mansioni nel medesimo significativo periodo di tempo. ( Cass, Sez, Lavoro, 31/01/2013 n. 2291)

A titolo esemplificativo, è stato ritenuto dalla Suprema Corte legittimo il licenziamento per scarso rendimento di una dipendente addetta ad attività commerciali come la ricerca di nuovi clienti che, a differenza dei propri colleghi, non si era mai spostata dal proprio comune di residenza, nonostante i ripetuti richiami da parte del superiore.

Si riconosce, altresì, come valido l’inserimento nel contatto individuale delle clausole di rendimento minimo, purchè non costituiscano un elemento condizionante del sinallagma contrattuale.

Anzi, tali clausole ne rappresentano un elemento accessorio dello stesso contratto e sono influenti ai fini della qualificazione giuridica del rapporto, non potendo escludersi un’obbligazione di risultato ove questo sia da conseguire con le modalità tipiche del lavoro subordinato ( Cass. civ. Sez. lavoro sent. 9292 del 13/07/2000)

In ogni caso, la presenza di tali clausole non esonera il datore dal dimostrare tra prestazione resa quella necessitata che giustifichi il recesso datoriale.

Altro criterio utilizzato è quello della condotta e la valutazione di singoli episodi del lavoratore di scarso rendimento sintomatici della disaffezione al lavoro.

Il  licenziamento disciplinare deve essere anticipato da una lettera di contestazione intesa come richiamo al dipendente di adeguarsi agi standard di diligenza richiesti. La successiva lettera di licenziamento può anche contenere tutti gli addebiti contestati in capo al lavoratore ma non costituiscono fondamento del recesso datoriale.

Quando il licenziamento per scarso rendimento è qualificabile come licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Non sono mancate pronunce giurisprudenziali che hanno qualificato lo scarso rendimento come causa di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Mentre il giustificato motivo soggettivo del licenziamento fa leva su inadempienze personali del dipendente , il giustificato motivo oggettivo tiene conto della struttura organizzativa imprenditoriale a prescindere degli standard soggettivi di diligenza.

Difatti, il licenziamento per motivi oggettivi si basa sul mero disinteresse del datore alla prestazione del lavoratore.

Sicché, con la sentenza del 2014 n 18678  la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il recesso datoriale per giustificato motivo oggettivo intimato a carico di un lavoratore , il quale pur senza superare il periodo di comporto aveva accumulato numerose assenze per malattia , tutte di breve durata, ma verificatesi in modo tale da incidere negativamente sull’attività produttiva e sull’organizzazione del lavoro, integrando quindi il licenziamento per ragioni oggettive.

Anche in questo caso spetta al datore di lavoro l’onere probatorio di dimostrarne i presupposti della risoluzione del rapporto contrattuale.

Secondo l’iter argomentativo della Corte di Cassazione, il recesso datoriale di cui all’ art 2110 cc,  non può essere esercitato se non si supera il comporto minimo delle assenze.

Ma in relazione alle modalità  in cui le assenze si svolgono, le stesse danno luogo ad una prestazione lavorativa non più proficuamente utilizzabile  per la società, così tanto da pregiudicare la produzione e l’organizzazione aziendale.

Alla stregua ti tali motivazioni, lo scarso rendimento derivante da assenze per malattia può essere qualificato nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Quali sono le tutele a favore del lavoratore?

Per i lavoratori che non rientrano nella riforma del jobs act si applica la tutela reintegratoria, nelle ipotesi in cui lo scarso rendimento sia concretamente accertato, punito con una sanzione conservativa del codice disciplinare o comunque del contratto collettivo.

In altre ipotesi, al lavoratore illegittimamente licenziato residua la tutela meramente indennitaria/risarcitoria prevista dall’art 18, comma 5 e seguenti della l 300/2007 , e l’indennità risarcitoria prevista dal decreto legislativo sulle tutele crescenti, nel caso di lavoratori che rientrino nella normativa del jobs act.

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