Mobbing: Cos’è, Cosa Fare e Cosa si Rischia?
Entriamo con questo articolo nella dimensione, per lo più psicologica, del mobbing.
Parola dal significato fluido, pericoloso, indefinibile con precisione eppure ben delineato nei contorni di senso.
Etimologia e curiosità. Il termine Mobbing è stato coniato in accezione scientifica dal noto etologo Konrad Lorenz; l’accezione durante lo studio di comportamenti animali volti ad isolare ed estraniare il soggetto più debole e fragile della catena /branco.
To mob pertanto, e da qui il gerundio sostantivato del verbo anglosassone, intende letteralmente accalcarsi intorno a qualcuno; allo scopo, creando confusione, di eliminarlo dal gruppo a cui appartiene per via naturale od elettiva.
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Mobbing: Cos’è, Cosa Fare e Cosa si Rischia?
Da qui il salto nel convulso e meno scientifico tempo moderno: atteggiamento di persecuzione preordinata e sottile, severa e di chirurgica precisione psicologica attraverso il quale, in un sistema organizzato ed ordinato da precise regole, si reiterano comportamenti ostili nei confronti di un soggetto al fine di isolarlo o di creare sensazioni di disagio e terrore.
Paura e vessazione sotto aspetto morale e /o materiale.
In un’ottica quindi di comportamenti poliedrici seppur di connotazione ben definita va da sè che il mobbing possa trovarsi ed adattarsi a qualsivoglia “struttura sociale” più o meno gerarchizzata; contesto lavorativo, scolastico, familiare in primis.
Certamente in considerazione delle molteplici modalità di esecuzione e delle indefinite variabili di atteggiamenti persecutori da poter porre in essere non esiste un univoco criterio per individuare le azioni tali da configurare un caso di mobbing.
Ecco perchè ogni situazione dovrà essere analizzata e trattata a sè stante; ogni caso essendo il contesto comunque contraddistinto da elementi tali da qualificare sofferenza, senso di frustrazione e disagio psicologico indotto da alcuni soggetti. Ostracismo e diffusione di notizie non vere terminano la cornice di contorno.
Mobbing: Onere della prova e risarcimento del danno
Le vittime di mobbing trovano la possibilità di domandar tutela attraverso i consueti e tradizionali rimedi civilistici; cioè citare in giudizio il mobber dinnanzi al Giudice al fine di vederne dichiarata responsabilità – dopo aver esperito le prove a ciò sottese e gli elementi di prova ammissibili – per i danni cagionati; danni certamente di varia natura ed eziologia.
Obiettivamente la sofferenza, il dolore, l’aspetto psicologico e di disistima personale dovranno far ingresso nell’aula di Tribunale.
Le tipologie di danno che si andranno a configurare sono quindi intuitivamente molteplici; riguardando sia il danno patrimoniale sia quello di natura non patrimoniale.
In via esemplificativa si domanderà risarcimento:
- per la lesione alla salute psico-fisica, emotività compromessa, fobie ed insonnia indotta (danno biologico);
- per il peggioramento della qualità della vita (danno esistenziale) ovvero un danno di natura patrimoniale per perdita di chance e incidenza negativa sulla propria vita lavorativa e di relazione.
Verosimilmente la situazione creerà necessità di consulti medici; antidepressivi e tranquillanti diverranno merce da acquistare quotidianamente insieme ai generi alimentari.
Notule di medici e psicologi/terapeuti potranno sostenere e documentare le vicissitudini e la quotidianità resa oltremodo ostica.
Un’inattività forzata dal lavoro ovvero un’impossibilità di far carriera e progredire nelle proprie mansioni lavorative potranno costituire domanda giudiziale volta ad ottenere somma a ristoro.
Sotto l’aspetto probatorio della complessa costruzione delle azioni costituenti mobbing chiaro debba il soggetto vittima (mobbizzato) poter comprovare le varie e concentriche circostanze; prova di un reiterato comportamento vessatorio tale da far emergere una serie preordinata, continuativa nel tempo e dallo scopo ben preciso.
Demolizione dell’altrui personalità ed autostima.
La prova sarà difficile da poter offrire e dalla delicata confezione: stretto rapporto causale tra molestie, umiliazioni ed anche stati di ansia e depressione in connessione di causa/effetto con comportamenti altrui ben strutturati, reiterati e dal tenore soggettivo seppur spesso con arguzia mistificato.
Mobbing: Cosa Fare e Cosa si Rischia?!
Il primo “appiglio” di tutela si può leggere nella stessa Costituzione; molti articoli possono essere di ausilio laddove si cerchi rimedio a tale, purtroppo, ormai diffusa condotta.
L’art. 32 della Carta riconosce e tutela la salute come diritto fondamentale dell’uomo; l’art. 35 ribadisce e celebra il lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni intese come possibilità di gratificazione personale.
Sino ad arrivare all’art. 41 laddove si vietino attività private, di natura prettamente economica, tali da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e dignità della persone.
In via maggiormente pragmatica nel codice civile si ritrovano due norme in grado di poter assumere funzione di tutela in tali circostanze; ovvero l’art. 2043 – il quale prevede l’obbligo di risarcimento in capo a chiunque cagioni ad altri un danno ingiusto con qualunque fatto doloso e/o colposo – e l’art. 2087.
La responsabilità e i doveri del datore di lavoro
Quest’ultimo più prettamente riferito al mondo lavorativo imponendo all’imprenditore di adottare tutte le misure idonee e richieste a tutela dell’integrità fisica e la personalità dei lavoratori.
In giurisprudenza in punto la norma viene ricostruita in termini di cd colpa generica; partendo quindi dal presupposto per cui la stessa altro non preveda, in fondo, che il normale obbligo di diligenza.
Sempre rimanendo nel campo del mobbing ed ambiente di lavoro lo Statuto dei Lavoratori può esser altra lettura di riferimento; nella parte in cui, soprattutto, dispone una specifica procedura per le contestazioni disciplinari a carico dei lavoratori punendo – in via contestuale e reciproca – eventuali comportamenti discriminatori del datore di lavoro.
A tale scopo sopperisce alla disciplina, a tratti lacunosa, il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Mobbing: In ambito penale cosa si rischia?
Venendo alla disamina e rilevanza dal punto di vista prettamente penale in primis bene rammentare non esista una specifica figura di reato.
I comportamenti mobbizzanti, infatti, possono determinare differenti fattispecie; tuttavia per le conseguenze anche oggettive di detti comportamenti sarà logico ricondurre il tutto al reato di lesioni personali di cui all’art. 590 codice penale (ed alle cui configurazioni nello specifico rinvio a lettura di precedente articolo).
Se poniamo a mente con attenzione alla fluidità ed alla difficoltà di concretizzare uno schema certo di comportamento contra legem alla fine, tuttavia, si vede come la condotta del mobber sia di efficacia lesiva tale da cagionare alla vittima una condizione patologica di natura sia fisica sia psichica; da poter con logicità e razionalità, anche in accezione giuridica, ricondurre all’eziologia del delitto di lesioni.
A seconda dell’atteggiarsi – e quindi della disamina dell’elemento soggettivo del reato da condurre caso per caso – par chiaro che il reato possa essere riconosciuto in capo al mobber cd diretto a titolo di dolo o colpa; quindi realizzarsi compiutamente il paradigma giuridico del delitto di lesioni dolose ex art. 582 c.p. o di lesioni colpose ex art. 590 c.p.
A carico del datore di lavoro, a titolo di esempio, potranno quindi attribuirsi responsabilità a vario titolo; o per essere direttamente autore delle condotte in caso di attribuzione ( anche in concorso con altri soggetti ) ovvero per violazione del dovere di garantire la sicurezza e la salubrità del luogo di lavoro e di vigilanza. Allo scopo principale di evitare che si profilino situazioni ambientali tali da nuocere alla salute psico-fisica dei dipendenti. In tali casi, con duplice connotazione giuridica.
Esempio pratico di sentenze passate sul mobbing
Interessante sentenza di qualche anno fa – Tribunale Torino Sez Pen 1^ – 2002. Giudice unico di primo grado.
La decisione, pur non riguardando un caso specifico di mobbing, era tra le prime a far riferimento seppur in via incidentale alla fattispecie. Citando precedenti giurisprudenziali seppur non di interpretazioni sempre univoca. Difetto di riconoscimento del mobbing.
Secondo il Giudice ciò che mancava all’esatta configurazione del mobbing in fabbrica era un preciso disegno teso a logorare e svilire la figura del dipendente X al fine di eliminarlo dall’organigramma aziendale. Seppur il lavoratore, di salute cagionevole, era stato costretto a far turni massacranti per oltre un ventennio la politica aziendale di tal fatta era riservata a tutti e non solo al soggetto in questione.
Non si era quindi posto in essere un trattamento specifico di demolizione lavorativa – finalità tipica del cd bossing – poichè le modalità di lavoro, seppur discutibili, erano viste in realtà come una routine aziendale utile ad espandere in maniera esponenziale i turni di lavoro; quindi, in definitiva, una ricerca spasmodica generalizzata di profitto e produttività.
Indistintamente ed incurante delle vicissitudini personali dei dipendenti.
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