Diritto Civile

Risarcimento Danni per Infortunio sul Lavoro

Cosa si intende per infortunio sul lavoro?

 

L’ infortunio sul lavoro si qualifica come evento accidentale avvenuto “ per causa violenta” o “in occasione di lavoro” dal quale derivi la morte, l’inabilità permanente o temporanea per più di tre giorni.

Ciò che differenzia l’infortunio sul lavoro dalla malattia professionale è l’accidentalità dell’evento e la portata violenta dello stesso, mentre, per contro, la malattia da lavoro è un evento che si verifica con una certa latenza.

Quindi, si configura come causa violenta, quell’evento esterno all’ambiente di lavoro o di forza maggiore, capace di danneggiare l’integrità psico-fisica del lavoratore, si pensi a circostanze climatiche avverse o ad agenti patogeni esterni (virus); si pensi, ancora, al caso del lavoratore che perda l’equilibrio da un’impalcatura a causa di una forte tromba d’aria.

Diversamente, sarebbe qualificata come malattia il tumore derivante dall’esalazione di sostanze tossiche in assenza di idonee macchine aspirartici delle esalazioni nocive, fermo restando l’obbligo di dimostrare il nesso di causalità tra la malattia e l’esposizione alle sostanze tossiche, escludendo altri fattori causali autonomi.

Cosa si intende per occasione di lavoro?

Altro presupposto imprescindibile ai fini della risarcibilità dell’infortunio, è che questo debba avvenire in costanza di lavoro o di attività strumentalmente connessa al lavoro.

Pertanto, non è sufficiente che l’evento lesivo si verifichi durante le ore di lavoro, ma che sia avvenuto per il lavoro,  ovvero per un’attività strumentale, anche se indiretta, all’espletamento delle singole mansioni lavorative; di contro, sarà necessario dimostrare il nesso eziologico tra l’infortunio e l’attività lavorativa espletata.

Tra i vari fattori che possono incidere sulla configurazione del sinistro, vi sono i seguenti elementi:

– fattori inerenti all’apparato produttivo;

– fattori di tipo ambientale;

– cause proprie del lavoratore.

La disciplina normativa, quindi, coprirà anche gli infortuni avvenuti in “occasione di lavoro” verificati per colpa del lavoratore anche nelle ipotesi di negligenza, imprudenza e imperizia; saranno, invece, esclusi dalla tutela risarcitoria i sinistri dolosamente cagionati dal lavoratore o quelli ove quest’ultimo abbia intenzionalmente aggravato le conseguenze dell’evento.

Cosa spetta al lavoratore nell’ipotesi di infortunio sul luogo di lavoro?

L’infortunio sul lavoro presuppone una copertura assicurativa obbligatoria del lavoratore (INAIL) e prevede il risarcimento del danno e la corresponsione di  indennità sostitutiva nel caso dal sinistro si verifichi la morte o l’invalidità permanete del lavoratore ( come stabilito dall’art. 10 del TU del 1965 n.1124).

Tale assicurazione ha effetto di escludere la responsabilità civile del datore di lavoro ex art 2087 c.c.; difatti tale responsabilità si configura solo quando l’evento lesivo integri un’ipotesi di reato.

Responsabilità penali del datore di lavoro, quali sono le conseguenze?

La legittimazione normativa della tutela risarcitoria derivante dall’infortunio occorso sui luoghi di lavoro, trova il suo fondamento nell’articolo  2087 c.c. che “ impone al datore di lavoro un obbligo generico di predisposizione di tutte le misure necessarie per prevenire eventuali rischi”.

Secondo il suindicato disposto normativo, il datore di lavoro è tenuto non solo a predisporre strumenti e sistemi di sicurezza atti a prevenire i rischi di infortuni, ma sarà , altresì, tenuto a controllarne l’adeguatezza con una costante attività di manutenzione e di collaudo.

La mancata adozione di idonei sistemi di sicurezza determinerà in capo agli organi di vigilanza il sorgere di responsabilità penali, configurandosi le fattispecie di reato di “ lesioni colpose” o “omicidio colposo” , qualora dall’infortunio derivi la morte del lavoratore.

Per la fattispecie di “ lesioni colpose”, la legge richiede per la sua perseguibilità la querela di parte offesa; in ogni caso per le lesioni con prognosi superiore a 40 giorni, l’INAIL sarà tenuto a denunciare il sinistro alla Procura della Repubblica , che potrebbe eventualmente esercitare, qualora ve ne fossero i presupposti, l’azione penale d’ufficio.

Quali sono gli oneri in capo al lavoratore e al datore di lavoro?

Qualora si verifichi un infortunio sul lavoro, il lavoratore sarà tenuto a comunicare l’avvenuto incidente al proprio datore, indicando a quest’ultimo il codice identificativo presente sul referto del Pronto soccorso.

Invece, il datore sarà tenuto, attraverso i modelli telematici di denuncia di infortuni dell’INAIL, a comunicare all’ente medesimo il sinistro munito del codice identificativo del referto medico, entro il terzo giorno di prognosi stabilita dal dottore del primo intervento.

Cosa succede dopo la denuncia e chi paga dopo l’infortunio?

A seguito della denuncia il datore sarà tenuto a pagare, almeno per il primo giorno il 100% della retribuzione completa, mentre negli altri giorni fino al quarto solo il 60%, dal quinto giorno, invece, subentra l’INAIL, che corrisponderà un’indennità pari alla retribuzione per tutto il periodo di assenza, con percentuali a scalare che vanno dal 90% al 75% della stessa, comprensiva dei giorni festivi.

Sicché, il pagamento dell’indennità INAIL viene corrisposto il giorno della prima busta paga utile dopo il sinistro, attraverso l’anticipo del datore di lavoro.

Inoltre, l’INAIL copre, altresì, le spese diagnostiche e le altre visite mediche esentando il lavoratore dal pagamento delle spese sanitarie.

Cosa succede nel caso di menomazione permanente?

Se dall’infortunio dovesse verificarsi una menomazione permanete, tale da impedire allo stesso lavoratore di lavorare per tutta la vita, verrà corrisposto dall’istituto assicurativo medesimo una somma a titolo di rendita non soggetta a tassazione IRPEF.

Nello specifico, al lavoratore verrebbe risarcito il c.d danno biologico derivante dalla menomazione invalidante che gli impedirebbe a vita di espletare le sue mansioni lavorative; tale rendita è sempre commisurata e proporzionata all’entità del danno dallo stesso subito.

E’ ammissibile l’azione di risarcimento danni secondo i criteri della responsabilità civile?

Pur nelle ipotesi di infortunio sui luoghi di lavoro, la giurisprudenza di legittimità riconosce al lavoratore la possibilità di  esperire l’azione di risarcimento danni, secondo i criteri della responsabilità civile, nei limiti del c.d. danno biologico differenziale.

Il danno biologico differenziale si ottiene dalla differenza tra l’indennità conseguita dal lavoratore dall’INAIL e la somma spettante al danneggiato a titolo di risarcimento secondo i criteri  di calcolo in materia di responsabilità civile.

Prima della legge di bilancio 2019, la quantificazione del danno differenziale avveniva per poste, ovvero scomputando dalla somma complessivamente considerata a titolo di risarcimento, la parte dell’indennità INAIL (comprensiva del danno biologico e patrimoniale)

In questo modo, il lavoratore poteva agire per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali, esclusi dal calcolo della rendita corrisposta dall’INAIL.

A sostegno di questo metodo di calcolo, la giurisprudenza di legittimità aveva statuito che l’INAIL non risarcisce il danno morale né voci di danno patrimoniale diverse da quello biologico, pertanto tali danni dovevano essere decurtati dal conteggio per accertare il cd “danno biologico differenziale”.

Conseguentemente,  il lavoratore  avrebbe prima dovuto accertare  il quantum a lui risarcibile secondo i criteri della responsabilità civile, differenziando le voci in: danno biologico e non patrimoniale, e successivamente avrebbe dovuto sottrarre dalla somma complessiva del danno l’indennità ottenuta dall’INAIL, al fine di valutare se gli sarebbe spettata una somma a titolo di danno differenziale.

Ne discendeva che, il lavoratore avrebbe dovuto sottrarre dal valore capitale della rendita (INAIL) solo la parte che ristora il danno biologico e patrimoniale.

A titolo esemplificativo, laddove l’INAIL avesse erogato in relazione all’infortunio una rendita mensile vitalizia per un danno superiore al 16% , l’indennizzo,  per espressa previsione legislativa, assume sia  valenza di copertura del danno biologico sia di copertura del danno patrimoniale da perdita da lavoro. Pertanto, il giudice avrebbe dovuto scomputare tali somme dal danno differenziale anche nel caso in cui l’INAIL non abbia provveduto ad erogare tale ristoro. (Cass. n. 9166 del 2017)

La legge di Bilancio n. 145 del 2018 all’art 1 , co. 1126, ha previsto alcune significative modifiche sui criteri del danno cd differenziale, modificando le voci ai fini della determinazione del quantum.

Nello specifico, è stato adottato un criterio per sommatoria integrale, anziché per poste; per conseguenza, dalla somma complessivamente riconosciuta a titolo di risarcimento del danno va sottratta qualsiasi indennità  a qualsiasi titolo liquidata all’infortunato o ai suoi aventi diritto.

In conclusione,  la l. 145/2018 ha reso indifferente la natura delle voci di risarcimento (biologico e patrimoniale) e dell’’indennità INAIL; in tal senso,  la detrazione ai fini del danno differenziale opera come il risultato ottenuto tra il risarcimento complessivamente calcolato per “ i pregiudizi oggetto di indennizzo” e l’indennità che viene indistintamente liquidata (dall’INAIL) all’infortunato o ai suoi aventi diritto, senza differenziare le voci di danno.

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