Non Riesco a Pagare Debiti a Causa del Covid-19: Cosa Fare?
L’emergenza sanitaria che il nostro Paese sta attraversando con la conseguente chiusura delle attività commerciali e professionali, con il blocco delle attività produttive ha creato disagi a ogni categoria di lavoratori con l’impossibilità, in molti casi, di non poter onorare contratti stipulati precedentemente a causa della diminuzione del reddito disponibile.
Come agire in questi casi? L’inadempimento è giustificato?
Indice dei contenuti
- 1 Sono responsabile per l’inadempimento causato dalle restrizioni per il contenimento del Covid-19?
- 2 Il Covid-19 può essere considerato quale caso fortuito o forza maggiore?
- 3 Quale il ruolo dell’impossibilità?
- 4 Il creditore può opporre l’eccezione di inadempimento?
- 5 Eventualmente cosa devo risarcire?
- 6 Conclusioni
Sono responsabile per l’inadempimento causato dalle restrizioni per il contenimento del Covid-19?
L’art. 1218 c.c. specifica che se il debitore non esegue la prestazione o non adempie in modo esatto, senza il rispetto delle modalità di tempo e di luogo, è obbligato a risarcire il danno.
Tale onere non si concretizza se si prova che l’inadempimento o il ritardo sono dovuti a impossibilità della prestazione collegata eziologicamente a causa non imputabile allo stesso debitore.
Per andare esenti da responsabilità, dunque, è necessario che il mancato adempimento derivi da irrealizzabilità dell’obbligo derivante da una causa non ricollegabile alla parte contrattuale.
La valutazione della prova liberatoria verte sulla diligenza ovvero sull’accuratezza e sulla cura che il debitore ha impiegato per adempiere.
L’impossibilità, infatti, come specificato dalla giurisprudenza, non si traduce nell’intromissione nel rapporto di qualsiasi fattore estraneo, ma soltanto di quelli non controllabili con la normale avvedutezza (In tal senso: Cass., 8 novembre 2002, n. 15712).
Applicando tali coordinate ermeneutiche all’ipotesi in esame bisogna valutare se la diminuzione di reddito collegata alle misure di restringimento per il contenimento dell’emergenza sanitaria costituisca o meno un elemento eccezionale, estraneo alla signoria dell’agente, non dominabile dallo stesso neanche utilizzando la massima diligenza.
Il parametro di riferimento docimologico, dunque, è l’art. 1176 c.c. riferito alla precisione e allo scrupolo che ci si può attendere da una persona di media avvedutezza.
In altri termini si tratta di capire se l’impossibilità della prestazione collegabile alle contingenze attuali sia imputabile oppure no al debitore onde addivenire ad un giudizio liberatorio come richiesto dall’art. 1218 c.c.
Al momento scarse sono le pronunce sul tema.
Bisogna attendere altro tempo onde verificare come si orienta la giurisprudenza di merito e di legittimità.
Il Covid-19 può essere considerato quale caso fortuito o forza maggiore?
Alle riflessioni precedenti bisogna aggiungere che per il configurarsi della responsabilità contrattuale è necessaria anche la sussistenza del nesso causa che in ambito civile si sdoppia in materiale (fatto-evento) e giuridico (evento-danno).
Si potrebbe ragionare nel senso che l’emergenza sanitaria interrompe il nesso causa tra comportamento dell’agente e inadempimento atteggiandosi alla stregua di un caso fortuito, quale accadimento imprevedibile e imprevisto oppure forza maggiore, incombenza superiore che non è possibile fronteggiare in alcun modo.
In tal senso il comportamento del debitore potrebbe andare esente da responsabilità, con completa liberazione dall’obbligo risarcitorio, assumendo che l’inadempimento è dettato da superiori cause estranee cui non si può porre riparo.
Non si potevano prevedere in alcun modo mesi di fermo nelle proprie attività né il creditore potrebbe appellarsi a un eventuale obbligo di detenere risparmi non previsto nel nostro ordinamento né in alcun modo evincibile da qualsiasi interpretazione sistematica di alcuna norma.
Quale il ruolo dell’impossibilità?
L’art. 1256 c.c. prende in considerazione l’impossibilità della prestazione quale causa di estinzione dell’obbligazione.
Si distingue tra impossibilità temporanea che rende esente il debitore da responsabilità finchè è presente.
Se essa perdura l’obbligazione, tenuto conto del titolo dell’obbligazione o della natura della stessa, si estingue quando il debitore non è tenuto a eseguire la prestazione o è venuto meno l’interesse del creditore a ottenerla.
In base al dettato della norma citata si potrebbe ipotizzare che i provvedimenti connessi alla presenza del Covid- 19 hanno cagionato un’impossibilità temporanea con completa liberazione del debitore da qualsivoglia forma di responsabilità.
Ove si verifichino le condizioni dettate dal comma secondo dell’art. 1256 c.c., protrarsi dell’impossibilità nel tempo e mancanza di interesse di parte creditrice alla prestazione, l’obbligazione si estingue.
Se il contratto è a prestazioni corrispettive, a mente dell’art. 1463 c.c., la parte liberata non può chiedere la controprestazione e deve restituire quanto già ricevuto se l’impossibilità è totale.
Se, ad esempio, il debitore riesce ad adempiere soltanto in parte la sua prestazione, la controprestazione si riduce in maniera proporzionale ed è fatta salva anche la facoltà di recesso se non vi è un concreto interesse all’adempimento parziale, così come specificato dall’art. 1464 c.c.
Il creditore può opporre l’eccezione di inadempimento?
Tale facoltà è prevista dall’art. 1460 c.c. per le ipotesi di contratti a prestazioni corrispettive ove ogni paciscente può rifiutarsi di adempiere in caso di mancata offerta della controprestazione.
Si potrebbe ipotizzare di attribuire tale facoltà anche nell’eventualità in esame nell’ottica di un giusto bilanciamento di interessi tra quello del debitore, impossibilitato ad adempiere, quello del creditore che non può essere totalmente vessato e pregiudicato nelle sue ragioni.
Ciò, però, contrasta con l’eventuale esenzione di responsabilità accordata al debitore come specificato supra.
È necessario verificare gli orientamenti esegetici che emergeranno per fornire risposte definitive.
Eventualmente cosa devo risarcire?
Il risarcimento del danno per l’ipotesi di inadempimento contrattuale è composto dalle voci elencate dall’art. 1223 c.c. ovvero il danno emergente e il lucro cessante.
Il debitore, pertanto, dovrà ristorare sia le perdite subite dal creditore in quanto conseguenze immediate e dirette dell’inadempimento sia il mancato guadagno.
L’obiettivo è quello di ripristinare la sfera giuridico- economica della parte lesa riportandola nello stato anteriore all’inadempimento come se lo stesso non si fosse mai verificato.
L’ottica non è punitiva, sanzionatoria, ma prettamente risarcitoria in una prospettiva vittimologica avente quale unica finalità il recupero delle passività scaturenti dall’inadempimento.
Conclusioni
Come brevemente illustrato vari sono gli scenari che potrebbero aprirsi circa la valutazione dell’inadempimento contrattuale conseguente alle misure di contenimento del Covid-19.
Poche sono, però, le certezze (di cui il diritto è ontologicamente sfornito) tenuto conto dell’atipicità, della peculiarità e dell’unicità delle circostanze che si sono verificate.
Al momento non è possibile fornire risposta univoca data la scarsezza delle pronunce in merito e degli orientamenti giurisprudenziali che stanno emergendo con molta timidezza.
Certo è che i giudici, nelle loro valutazioni, non potranno non tener conto delle difficoltà che le categorie di lavoratori e l’intero Paese hanno affrontato.
Bisognerà soltanto attendere il percorso ermeneutico e logico-giuridico che sarà seguito.