Diritto Penale

Reato di Stalking: Come Difendersi? Cosa Rischia?

Il reato di stalking (termine inglese mutuato dalla caccia – significa “braccare, appostarsi per tenere d’occhio la preda), previsto dall’art. 612 bis del c.p., è stato introdotto dal D.L. n. 11 del 2009, convertito dalla Legge n. 38 del 2009 (“Legge Maroni”).

Appartiene alla categoria dei reati contro la persona, in particolare dei delitti contro la libertà individuale, ed è rubricato “atti persecutori”.

È un reato che il Legislatore ha voluto immettere nell’ordinamento per poter sanzionare comportamenti che prima venivano inquadrati in altri, come la minaccia, che non si rivelavano efficaci in termini di protezione della vittima.

Inoltre, spesso quest’ultima non veniva creduta, poiché trattasi di una fattispecie “a fisarmonica”, cioè va da casi molto lievi a vere e proprie persecuzioni.

reato di stalking

Elementi costitutivi dello Stalking

Lo “stalker” è colui che, con condotte ripetute nel tempo, minaccia o molesta qualcuno, provocandogli un perdurante e grave stato di ansia o paura, o un fondato timore per la propria incolumità o quella di un congiunto, costringendolo a modificare le abitudini di vita.

In sintesi, si tratta di un soggetto che compie appostamenti sotto casa o sul luogo di lavoro della vittima, danneggiamento di beni della stessa, pedinamenti, telefonate e messaggi continui ed indesiderati.

Al riguardo la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33842 del 2018, ha chiarito che anche due sole condotte di molestie, minacce o lesioni, commesse in un relativamente breve arco temporale, sono idonee a configurare lo stalking.

Circa l’elemento soggettivo del reato, è sufficiente il dolo generico: la volontà rilevante è quella relativa al porre in essere tali comportamenti, non è necessaria la coscienza dello scopo che si vuole ottenere.

È però indispensabile la consapevolezza che ciascuna delle azioni intraprese andrà a sommarsi alle precedenti originando una serie di comportamenti offensivi.

A tal proposito la Corte di Cassazione ha precisato che, in tema si atti persecutori, l’evento tipico del “perdurante e grave stato di ansia e paura”, che consiste in un profondo turbamento con effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, non può risolversi in una sensazione di mero fastidio, irritazione o insofferenza per le condotte minatorie o moleste subite (sentenza n. 2555 del 2020).

Come è punito lo Stalking?

Lo stalking è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi, salvo che il fatto non costituisca reato più grave, pena aumentata dal Legge n. 69 del 2019 (originariamente era prevista la reclusione da sei mesi a cinque anni).

Al 2° e 3° comma sono previste due circostanze aggravanti:

  • La pena verrà aumentata fino ad un terzo qualora il fatto venga commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da un soggetto che in passato è stato legato alla persona offesa da una relazione affettiva, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (comma modificato dal D.L. n. 93 del 2013, convertito dalla L. n. 119 del 2013);
  • La pena sarà aumentata fino alla metà qualora gli atti persecutori vengano commessi ai danni di soggetti più deboli quali minori, donne in stato di gravidanza o persone disabili, e nel caso in cui le modalità di commissione del fatto appaiano pericolose per l’incolumità della vittima o idonee ad accrescere l’effetto intimidatorio sulla medesima, per esempio uso di armi o persona travisata.

Già nella fase delle indagini preliminari può essere applicata una misura cautelare richiesta al G.I.P. dal P.M., quali la custodia cautelare in carcere, gli arresti domiciliari o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.).

Perseguibilità dello Stalking

Lo stalking è un reato perseguibile a querela di parte.

È procedibile d’ufficio però nei casi in cui le condotte persecutorie siano poste in essere nei confronti di un minore o di una persona con disabilità oppure se il fatto è commesso con un altro reato per cui si deve procedere senza azione della persona offesa.

Il termine per poter proporre la querela è di sei mesi dal momento in cui si è perpetrato l’illecito, ovvero dal momento in cui la vittima altera le proprie abitudini di vita o cade in uno stato di ansia e paura.

L’art. 8 del D.L. n. 11 del 2009 prevede inoltre la possibilità per la persona offesa, prima di fare la querela, di ricorrere ad una procedura di ammonimento da parte del questore, una sorta di invito volto ad interrompere le attività moleste.

Come difendersi da uno stalker?

Innanzitutto, quando si comprende di avere a che fare con uno “stalker”, è saggio non rispondere alle sue provocazioni, non spendere tempo ed energie a convincerlo a smettere di importunarvi dopo averlo chiarito una prima volta.

Occorre evitare ogni contatto e discussione, risposte a messaggi e telefonate o restituzione di regali.

Nella maggioranza dei casi infatti il molestatore ha avuto una relazione con la persona offesa e non riesce ad accettarne la fine.

Dargli credito contribuisce a mantenere vivo il legame che lui non vuole perdere e gli dà un senso di potere.

Se questo non dovesse bastare a risolvere il problema, conviene cambiare le proprie abitudini ed informare familiari e amici e, nelle situazioni più serie, anche le autorità pubbliche.

In che modo si realizza il reato di Stalking?

Il reato di stalking può attuato in vari modi.

Uno degli strumenti più usati per concretarlo è senz’altro il telefono: messaggi e chiamate ad ogni ora, anche di notte.

Nella sentenza n. 46834 del 2022 la Corte di Cassazione ha ritenuto la sussistenza del reato di stalking anche in capo a colui che invia in modo ossessivo sms e messaggi WhatsApp ai parenti ed agli amici della vittima.

Nella fattispecie in esame, un uomo, dopo aver perseguitato la ex compagna, è passato a tormentare il fratello della donna con continui sms.

Di contro, l’accusa di stalking telefonico, insieme alle eventuali misure di protezione già adottate, viene invece meno nel caso in cui la vittima si intrattenga a parlare al telefono o risponda agli sms dell’uomo che ha denunciato.

La Cassazione si è espressa così riguardo una vicenda di violenza sessuale e stalking in cui c’è stato un comportamento poco coerente da parte della persona offesa in quanto rispondeva alle chiamate e ai messaggi minatori, fino ad accettare un incontro chiarificatore con l’ex, al culmine del quale si è avuta la violenza fisica.

Secondo i giudici “laddove il comportamento del soggetto passivo in qualche modo assecondi il comportamento del soggetto agente, vien meno il requisito indispensabile del mutamento radicale delle proprie abitudini e la situazione di ansia che segna in modo irreversibile la vita della vittima” (sentenza n. 9221 del 2016).

Successivamente si sono aggiunti internet e i social network (Facebook, Instagram, ecc.) come mezzo per compiere atti persecutori.

Può infatti configurare il reato di stalking la pubblicazione reiterata di post offensivi sui social: in questo frangente il cambiamento delle proprie abitudini di vita può concretizzarsi nel dover “chiudere” il proprio profilo virtuale (Cass. n. 45141 del 2019).

Lo stalking condominiale

Ultimamente si sta parlando molto anche di “stalking condominiale”, figura sconosciuta al quadro normativo ma “costruita” dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha esteso ufficialmente l’ambito di applicabilità dell’art. 612-bis c.p. all’ambito condominiale a decorrere dalla sentenza n. 20895 del 25 maggio 2011.

Tale pronuncia concerneva un condomino che aveva posto in essere atti molesti contro delle donne dell’edificio, senza alcun nesso causale se non l’appartenenza al genere femminile.

Gli Ermellini hanno ripudiato la lettura riduttiva dell’art. 612 bis c.p. in base alla quale le azioni moleste dovrebbero essere indirizzate verso un singolo soggetto, estendendola anche a quelle perpetrate nei confronti di più individui di sesso femminile.

Il comportamento del condomino, sebbene rivolto soltanto verso alcune donne, ha infatti generato nelle altre stati di ansia e paura tali da costringerle a modificare la propria routine.

Pure per lo “stalking giudiziario” si può far riferimento ai dettami della Suprema Corte che in varie sentenze, come la n. 3831 del 2017, ha riconosciuto la configurabilità del reato di atti persecutori compiuti mediante un “utilizzo degenerato dello strumento giudiziario a fini vessatori”, quando si vogliono far valere in giudizio pretese palesemente infondate che creano ansia e paura nella vittima.

 

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