Risarcimento danni per caduta di calcinacci
Garantire il buono stato dei beni immobili di cui si è proprietari ed effettuare i necessari lavori di manutenzione ordinaria e/o straordinaria costituisce obbligo sociale e giuridico onde evitare di incorrere in responsabilità tanto civile quanto penale.
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Risarcimento Danni per Caduta di Calcinacci
Si pensi, a titolo esemplificativo, ad un edificio la cui struttura muraria risulti instabile e la facciata esterna presenti lesioni che minacciano un cedimento.
Si ipotizzi, poi, il verificarsi di un distacco di intonaco ovvero la caduta di calcinacci da un balcone di un edificio.
Chi è tenuto al risarcimento dei danni subiti dal pedone che trovandosi nelle vicinanze si ferisce?
A chi ed a quali condizioni è imputabile responsabilità in caso di danni subiti dal proprietario dell’autovettura posteggiata in prossimità dell’edificio?
Sembrerebbero quesiti banali eppure sono stati oggetto di molteplici interventi giurisprudenziali che offrono indicazioni utili per la nostra tutela.
La normativa civilistica e penalistica
Prendiamo le mosse dall’individuazione della normativa civile e penale di riferimento.
Il richiamo è rispettivamente agli artt. 2053 c.c. e 677 c.p.
Il codice civile espressamente imputa al proprietario di un edificio o di altra costruzione la responsabilità dei danni cagionati dalla loro rovina salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione, ma sia, piuttosto, legato al caso fortuito, alla forza maggiore o a fatti posti in essere da terzi o dallo stesso danneggiato aventi efficienza causale autonoma rispetto alla condotta del proprietario medesimo.
La Suprema Corte di Cassazione, tradizionalmente, pone dunque a carico del proprietario di un edificio e/o una costruzione un peculiare dovere di cura, protezione e vigilanza sul bene incorrendo in responsabilità in caso di inottemperanza colpevole che si presumersi sino a prova contraria.
Non a caso la norma civilistica utilizza le espressioni edificio – a prescindere dalla sua destinazione d’uso (abitazione o altro) – o costruzione intendendosi, per tale, ogni opera umana ancorata al suolo indipendentemente dal materiale dalla funzione. Così balconi, verande, muretti divisori nonché strade e ponti.
Il codice penale, dal canto suo, punisce con sanzione amministrazione pecuniaria da euro 154 a euro 929 il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo.
Tale comportamento integra il reato di omissione di lavori in edifici che sono in rovina ovvero, secondo taluni, che generano pericolo di rovina.
Si intende tale, ad esempio, un crollo che intacchi la consistenza dell’edificio o della costruzione nonché, secondo l’opinione prevalente, qualsivoglia situazione che riguardi una parte dell’edificio lesionata in modo da minacciare la caduta di materiale sulla pubblica via e tale da rappresentare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone.
Quando può verificarsi la caduta di calcinacci?
Come già evidenziato, attivarsi ed adottare tutte le misure necessarie affinché le proprie costruzioni e/o edifici non arrechino pregiudizio alcuno alla vita o all’incolumità di terzi costituisce obbligo giuridico onde incorrere in responsabilità.
Non può trascurarsi, però, che anche l’esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria e/o straordinaria ovvero opere di ristrutturazione da parte di una ditta specializzata cui è affidato l’incarico può costituire fonte di danno per terzi dal cui obbligo risarcitorio non è semplice sottrarsi.
Così, ad esempio, il proprietario di un immobile affida ad una impresa edile il lavoro di rifacimento della facciata e dei ballatoi dei balconi previo montaggi di ponteggi ed impalcature.
In corso d’opera si verifica una caduta di calcinacci con conseguenti danni fisici a terzi.
Ebbene, in più occasioni, la giurisprudenza ha precisato che, anche nel caso di appalto dei lavori, grava a carico del proprietario dell’edificio un onere di vigilanza e controllo.
L’esistenza di un contratto di appalto – sia esso verbale o in forma scritta – non produce il trasferimento alla ditta appaltatrice di un potere sull’immobile idoneo ad escludere, in toto, il dovere di custodia del proprietario.
Così, ad esempio, il Tribunale di Roma ha ritenuto che, se nell’esecuzione dei lavori, materiale di risulta mal custodito – ancorché per condizioni atmosferiche di portata non già eccezionale bensì prevedibile – si ribalta su pedoni ovvero sul fabbricato adiacente, il proprietario dell’immobile nel quale sono eseguiti i suddetti lavori è tenuto a rispondere dei danni derivati ai terzi, indipendentemente dalle eventuali responsabilità dell’appaltatore o del direttore dei lavori.
Non è certo, dunque, che presunte cause di forza maggiore od eventi metereologici siano idonei ad escludere la propria responsabilità.
Ma v’è di più.
La responsabilità del proprietario potrebbe derivare anche dall’aver affidato i lavori ad una ditta che non aveva le dovute capacità tecniche ed organizzative operando in totale assenza di strumenti di protezione per la messa in sicurezza del cantiere lavori.
Non soltanto in capo alla ditta appaltatrice, ma altresì in capo al committente grava, dunque, l’onere di garantire la sicurezza del cantiere provvedendo (o, quanto al proprietario, quantomeno esortando) alla delimitazione dell’area di cantiere tramite transenne, nastri segnaletici, reti di protezione ovvero altri segni visibili che ostacolino il passaggio nelle vicinanze o comunque allertino i terzi dell’esistenza di una condizione di pericolosità.
Può dunque sussistere una ipotesi di corresponsabilità nei danni cagionati a terzi tra il proprietario e l’appaltatore.
In tal senso, il proprietario chiamato a rispondere dei danni asseritamente cagionati a terzi potrà chiamare in causa a sua volta chi ha eseguito i lavori di costruzione, manutenzione, ristrutturazione al fine di individuare il reale soggetto cui imputare responsabilità o, quantomeno, corresponsabilità.
Così, con recente pronuncia, la Cassazione ha statuito che il proprietario di un edificio deve considerarsi quale custode dello stesso ed in quanto tale è corresponsabile per i danni cagionati a terzi dal bene, anche se le caratteristiche dannose sono state create da altri.
Richiamando il concetto di custodia la giurisprudenza invoca la normativa prescritta dall’art. 2051 c.c. sul «Danno cagionato da cosa in custodia» che si fonda sull’esistenza di un relazione intercorrente fra la cosa da cui scaturisce il danno e colui il quale ha l’effettivo potere su di essa.
Si è, dunque, affermato l’ormai consolidato principio di diritto per cui la stipula di un contratto di appalto non implica, ex se, il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile nel quale deve essere eseguita l’opera appaltata e quindi non viene meno per il committente e proprietario e/o detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e con esso la conseguente responsabilità in caso di danni cagionati a terzi.
Secondo l’art. 2051 c.c. spetta al proprietario – committente dei dimostrare di essersi spogliato totalmente del potere di fatto sull’immobile per affidarlo alla impresa designata e di non aver avuto alcuna ingerenza nella esecuzione dell’opera appaltati.
La responsabilità del danneggiato
In una vicenda giudiziale prendente le mosse da una domanda di risarcimento dei danni fisici subiti da un pedone a seguito di caduta di calcinacci dai balconi di un edificio in ristrutturazione, il Tribunale di Reggio Calabria ha attribuito responsabilità in capo al danneggiato, abituale frequentatore della zona.
Dalla documentazione in atti, risultava che il danneggiato, all’epoca dei fatti, abitasse dinanzi al fabbricato oggetto di ristrutturazione e pertanto fosse ben a conoscenza della situazione dello stato dei luoghi.
Ciò posto, ha affermato che il danneggiato fosse in grado di prevedere la situazione di pericolo ed avrebbe potuto evitare di incorrere in comportamenti rischiosi, transitando altrove.
Conseguentemente il Tribunale ha ritenuto provata la condotta colposa del danneggiato, rilevante ex art 1227 c.c., per essere perfettamente a conoscenza della pericolosità dello stato dei luoghi condividendo l’ormai unanime indirizzo giurisprudenziale circa la possibile sussistenza di un concorso di responsabilità del danneggiato in caso di danni derivanti da caduta di calcinacci.