Risarcimento danni per mancato guadagno
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Il mancato guadagno tra danno emergente e lucro cessante
Quando un incidente o una vicenda “sventurata” impediscono di ottenere un guadagno, la vittima può chiedere un risarcimento danni per lucro cessante.
Con questo termine infatti in giurisprudenza si intende il mancato guadagno causato da un comportamento illegale di altri.
Il risarcimento è previsto per legge quando si subisce un danno, dovuti ad un torto o azione illegittima.
E’ bene precisare però che, i danni da sinistro stradale o all’interno della propria dimora, sono facilmente quantificabili. Tabelle di riferimento nazionali aiutano ad alleggerire il ristoro economico.
Se il mancato guadagno è scaturito all’impossibilità di lavorare per i danni subiti, al fine conseguire il risarcimento, bisogna dimostrare con documentazione probante la perdita.
Il codice civile all’art. 1223 sancisce: “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
Risarcimento Danni per Mancato Guadagno
Dal dettato normativo si evince dunque che il danno possa essere qualificato tanto come la perdita economica subita da un creditore immediatamente – danno emergente – quanto il mancato guadagno -lucro cessante -.
Il risarcimento del danno, sia che derivi da un inadempimento relativo sia che derivi da un inadempimento assoluto, è dovuto tanto per il danno emergente quanto per il lucro cessante.
Per configurare l’ipotesi di danno non è necessario un rapporto contrattuale, ma è sufficiente un decremento nel patrimonio del creditore.
Il danno emergente si caratterizza da un’immediata diminuzione patrimoniale.
Per danno, in generale, s’intende qualsiasi alterazione, in senso negativo, della condizione del soggetto che lo subisce rispetto a quella che aveva prima dell’accadimento della fattispecie.
Il danno disciplinato dal nostro ordinamento si distingue in: danno evento ed danno conseguenza, presupposto per il risarcimento.
Pertanto chiarito che è il danno conseguenza quello che interessa le tematiche risarcitorie, è opportuno evidenziare che il danno si qualifica altresì come patrimoniale o come non patrimoniale.
Il danno patrimoniale consiste nella lesione, in senso stretto, del patrimonio del soggetto interessato, e comprende quindi tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, mentre quello non patrimoniale attiene maggiormente agli interessi della persona, quindi ad interessi non di tipo economico e, ai sensi dell’art. 2059 del codice civile. La nozione di danno non patrimoniale racchiude in sé tanto il danno morale, cioè la lesione della dignità della persona, quanto il danno biologico inteso come una lesione, sia essa temporanea o permanente, concernente l’integrità psico-fisica della persona suscettibile di valutazione medica e deve esplicare un’incidenza negativa sulle attività quotidiane del danneggiato. Infine il danno esistenziale, danno che comporta il cambiamento di stile di vita di una persona.
Nel caso in cui si dimostrassero i presupposti della responsabilità extracontrattuale, derivante da commissione di fatto illecito, nascerebbe l’obbligazione del risarcimento del danno, che distingue due ipotesi di risarcimento: per equivalente e in forma specifica.
Entrambi i concetti di danno emergente e lucro cessante, definiscono il danno patrimoniale, che colpisce direttamente la sfera economico-patrimoniale del danneggiato.
Il codice civile, all’art. 1223 recita: “il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
Il lucro cessante ovvero il mancato guadagno patrimoniale riguarda una ricchezza non ancora assorbita nel patrimonio del danneggiato, ma che si sarebbe prodotta.
Il mancato guadagno rileva quando l’impossibilità di utilizzare un bene comporta la: mancata percezione di frutti, mancata concretizzazione di rapporti contrattuali, perdita o diminuzione della capacità lavorativa oppure morte, e via discorrendo.
Per meglio chiarire la distinzione, è opportuno il seguente esempio: se un soggetto affidi delle macchine industriali a un vettore e le macchine sono perite durante il trasporto egli subisce un danno. In tale ipotesi, il danno emergente da mancato guadagno è quello pari al denaro che il creditore ha dovuto esborsare per riacquistare le macchine distrutte. Il mancato guadagno, da lucro cessante, invece, è la somma che il creditore ha perso in conseguenza del mancato utilizzo o della mancata locazione della macchina per tutto il lasso di tempo essenziale per assicurarsi nuovi beni .
Ai fini del risarcimento si dovrà verificare il nesso causale tra evento dannoso ed evento di danno, poiché le perdite subite o il mancato guadagno devono rappresentare una “conseguenza immediata e diretta” del fatto.
Il lucro cessante è il guadagno che il soggetto colpito dall’illecito avrebbe potuto conseguire e che invece, a causa dell’evento dannoso sofferto, non ha potuto realizzare. L’art. 2056 del codice civile al secondo comma afferma: “Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso”.
La quantificazione del mancato guadagno, può essere valutata dal giudice con equità.
Mancato guadagno da perdita da chance;
Fattispecie tipica del mancato guadagno è la perdita da chance.
Rileva in caso di rapporto extracontrattuale – perdita di chance di guadagno – che un fatto illecito provocherà in futuro al danneggiato.
La chance, quale forma di danno già elaborata in altri ordinamenti giuridici e considerata solo di recente dal nostro ordinamento, è un’entità patrimoniale autonoma giuridicamente rilevante, che comprende le legittime aspettative di natura patrimoniale. (Cass. Civ. SU sent. n. 500/1999).
Per chance dunque si intende non la mera perdita del risultato utile ma l’effettiva ‘perdita di possibilità’ a conseguire tale risultato, una concreta occasione favorevole di acquisire un determinato vantaggio economico. Cassazione, sentenza 25/9/1998 n. 9598.
Rappresenta un’ipotesi di danno patrimoniale futuro, risarcibile a condizione che il danneggiato dimostri (anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate) la sussistenza del nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilità della verificazione futura. Corte di Cassazione, sentenza n. 23846/2008. Sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. del 26 gennaio 2009, n. 1850 in materia di perdita di chances e risarcimento dei danni, statuisce: “il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di ‘chance’ – che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione – ha l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev’essere conseguenza immediata e diretta.”.
Un danno da perdita di chance è ovviamente alternativo rispetto al danno da lucro cessante futuro da perdita del reddito.
Se c’è l’uno non può esserci l’altro, e viceversa. “Delle due, infatti l’una: o la vittima dimostra di avere perduto un reddito che verosimilmente avrebbe realizzato, ed allora le spetterà il risarcimento del lucro cessante; ovvero la vittima non dà quella prova, ed allora le può spettare il risarcimento del danno da perdita di chance” (Cass. n. 20630/2016).
La liquidazione del danno.
Se non sia possibile provare il danno nel suo preciso ammontare,come spesso accade per il lucro cessante, il giudice lo liquiderà in via equitativa .
Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione si sono orientate in merito: “In tema di liquidazione del danno, la locuzione “perdita subita”, con la quale l’art. 1223 c.c. individua il danno emergente, non può essere considerata indicativa dei soli esborsi monetari o di diminuzioni patrimoniali già materialmente intervenuti, ma include anche l’obbligazione di effettuare l’esborso, in quanto il vinculum iuris, nel quale l’obbligazione stessa si sostanzia, costituisce già una posta passiva del patrimonio del danneggiato, consistente nell’insieme dei rapporti giuridici, con diretta rilevanza economica, di cui una persona è titolare” (Cass. n. 4718/2016).
Come calcolare il risarcimento per lucro cessante, ovvero da mancato guadagno?
Certamente non è operazione semplice perché comporta di ipotizzare quanto ipoteticamente il soggetto avrebbe potuto guadagnare .
E’ difficile anche fornire le prove che affermino ciò che sarebbe eventualmente potuto succedere: impossibile prevedere e stabilire anticipatamente quali sarebbero stati i guadagni di un preciso periodo.
La Corte di Cassazione per fare in modo che il risarcimento sia il più equo possibile ha stabilito diversi criteri .
Il lucro cessante è quindi il mancato guadagno che si sarebbe prodotto se l’inadempimento o un qualsiasi avvenimento non fosse stato posto in essere.
A questo tipo di danno si fa riferimento per fornire una definizione unitaria del danno patrimoniale, ossia la forma di danno ingiusto che colpisce direttamente la sfera economico-patrimoniale del danneggiato.
Mancato guadagno da perdita capacità lavorativa
Il mancato guadagno, da lucro cessante si ipotizza anche nella perdita della capacità lavorativa differenziandosi nella compromissione della capacità lavorativa generica o specifica.
La perdita della capacità lavorativa generica rientra nella figura del danno biologico, nell’ incapacità specifica invece, siccome si configura un danno patrimoniale futuro, il calcolo della liquidazione può essere compiuto solo dopo diligente valutazione di tutte le circostanze del caso e, può essere riconosciuto anche al soggetto che deve apprestarsi a compiere un’attività lavorativa che non potrà più svolgere.
Per eseguire convenientemente il calcolo di deve operare un netto distinguo tra : lavoratore dipendente e lavoratore subordinato. Il giudice, dovrà considerare come punto di riferimento la base imponibile che il lavoratore dichiara .
Come precisato spetta al giudice la quantificazione del danno da lucro cessante derivante dalla perdita o diminuzione, di un soggetto della sua capacità lavorativa temporanea o assoluta. In particolare il codice delle assicurazioni private D.Lgs. n. 209 del 7/9/2005 , all’art. 137, indica le modalità di calcolo : “1. Nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall’apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge. 2. È in ogni caso ammessa la prova contraria, il giudice deve comunicare al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate. 3. In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può essere inferiore a tre volte l’ammontare annuo della pensione sociale”.
Quindi, è possibile esigere quantificazione del danno diversa, ma chi farà richiesta deve provare che la diminuzione capacità lavorativa ha determinato un decremento economico; inoltre in tutte le fattispecie ove risulta incerto il reddito della vittima, il parametro da utilizzare sarà quello “probabilistico”.
Generalmente i danni economici subiti a seguito di un incidente o evento sfortunato possono essere dimostrati in modo documentale, con fatture, scontrini, prove di bonifici, estratti di conto corrente, ecc.
La prova del danno da mancato guadagno invece, – lucro cessante – è più difficile.
Esempio pratico di risarcimento danni per mancato guadagno
Il caso tipico è quello di un lavoratore che, a causa di un investimento automobilistico non potrà lavorare, per diversi giornate lavorative.
Nelle giornate di assenza dal lavoro, perderà una buona parte o tutto il proprio reddito e, per tale perdita, ha diritto ad essere risarcito.
Il punto però è che non si può prevedere il futuro e stabilire in anticipo quali sarebbero stati i guadagni di quel periodo.
A voler essere equi, per non accordare né più, né meno di ciò a cui si ha diritto, la Cassazione ha chiarito come si calcola il danno da mancato guadagno.
La vittima deve quindi provare tramite indizi, in modo certo o comunque altamente probabile, il danno subito.
Producendo tutte le prove ed esibendo le dichiarazioni dei redditi inerenti tre anni precedenti il sinistro.
Con l’aiuto di un avvocato, potrà indubbiamente assicurarsi un risarcimento per il suo mancato guadagno.