Diritto del Lavoro

Stipendio in Ritardo: Cosa Fare?

La tematica relativa agli stipendi non pagati o pagati in ritardo dai datori di lavoro costituisce una delle questioni maggiormente interessanti e pungenti nel rapporto tra lavoratore subordinato e datore di lavoro.

Stipendio in Ritardo: Cosa fare?

Il ritardo nei pagamenti degli stipendi rappresenta una condizione incresciosa per il lavoratore che, nel far valere i suoi diritti, si ritrova spesso a dover chiedere e richiedere, spesso e volentieri più e più volte, il pagamento delle mensilità che gli spettano.

La situazione che si crea è disagevole e umiliante per il lavoratore, che si ritrova a chiedere ciò che in realtà gli spetta da contratto.

A differenza del lavoratore autonomo, o libero professionista, che gestisce la propria attività rispondendo alle proprie esigenze e gestendo il proprio tempo in modo appunto autonomo, il lavoratore subordinato, quello che comunemente definiamo dipendente, lavora per conto di altri, alle dipendenze di un datore di lavoro, per il quale presta la propria attività lavorativa, e che per il principio di “do ut des” percepisce proporzionalmente al lavoro svolto una retribuzione commisurata alla sua prestazione, come previsto dalla contrattazione nazionale collettiva.

Il lavoratore dipendente è colui che nelle discipline giuslavoristiche in generale gode di una tutela dedicata, in virtù del fatto che tale subordinazione non deve mai in alcun modo ledere i diritti propri della sua libertà e della sua sfera personale e familiare.

Preliminarmente, è necessario fare un excursus delle fonti che regolano l’importanza del lavoro e del lavoratore, più in generale, la sfera dei loro diritti, in particolare ci soffermeremo sullo Statuto dei lavoratori e sulla nostra Costituzione.

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Cosa dice lo Stato dei Lavoratori e la Costituzione

Lo Statuto dei Lavoratori disciplinato dalla Legge n. 300 del 20 maggio del 1970 ricopre ad oggi un ruolo di primaria importanza e disciplina le norme che tutelano la sfera della libertà e della dignità dei lavoratori, la loro libertà sindacale ecc.

Lo Statuto dei lavoratori regola in modo dettagliato i diritti, le libertà e le forme di tutela apprestate al lavoratore, il suo diritto al riposo, le sue mansioni, la retribuzione, il diritto alle ferie, i suoi diritti sindacali, ecc.

A regolare l’argomento è anche la nostra carta costituzionale che mette al centro il lavoro come principio cardine dei diritti della persona in generale.

L’art. 4 della Costituzione garantisce a tutti i cittadini il diritto al lavoro promuovendo le condizioni finalizzate a rendano concreto tale diritto, poiché tutti i cittadini devono svolgere un’attività lavorativa che, in qualche modo concorra al progresso sociale.

L’art. 35 della Costituzione tutela poi il lavoro in tutte le sue forme, favorendo gli accordi internazionali che affermano il diritto del lavoro.

E, per arrivare al punto cruciale, l’art. 36 della Costituzione tutela il diritto alla retribuzione prevedendo che il lavoratore ha diritto a percepire una retribuzione proporzionata sia alla quantità che alla qualità del suo lavoro che basti a garantirgli una vita dignitosa.

Sebbene il lavoro sia uno dei nostri capisaldi, e i diritti del lavoratore siano ampiamente riconosciuti e tutelati dal nostro ordinamento, occorre però precisare che talvolta non è sempre tutto così lineare.

Sebbene il concetto di puntualità e rigore nei pagamenti delle retribuzioni corrisposte al lavoratore non sia chiaramente espresso dagli articoli citati, quello di ricevere lo stipendio in un giorno stabilito da accordo o contratto, è sicuramente un principio che fa parte dell’alveo dei suoi diritti, perché i ritardi accumulati, convergono in forme di inadempimento del datore di lavoro.

Che succede se il datore di lavoro tarda nei pagamenti dello stipendio?

E cosa succede se il datore di lavoro promette il pagamento ma “puntualmente” tarda ogni mese a corrisponderlo?

Vediamolo insieme.

La mancata o tardiva consegna della busta paga al lavoratore comporta l’irrogazione per il datore di lavoro di una sanzione.

A prevederlo è la Legge n. 4/1953 che all’art. 5 disciplina proprio il caso di nostro interesse: nel caso in cui il datore di lavoro tardi o non consegni il prospetto paga, sarà soggetto al pagamento di una sanzione pecuniaria che va da € 150 a € 900.

Ad irrogare la sanzione è l’Ispettorato del Lavoro, territorialmente competente.

Occorre distinguere due tipologie di ritardo:

il ritardo del pagamento limitato a pochissimi giorni, (pensiamo ad esempio a un imprevisto in cui il datore di lavoro è incorso), in cui il lavoratore che non ha subito disagi dal suddetto ritardo, e può liberamente decidere di attendere. Questo tipo di ritardo non va ad inficiare la regolarità contrattuale e non legittima l’ipotesi di dimissioni per giusta causa da parte del lavoratore.

– il ritardo reiterato e protratto nel tempo, (pensiamo al caso il datore di lavoro corrisponde la mensilità nel mese successivo, senza mai rispettare il giorno stabilito), oltre a comportare l’irrogazione di sanzioni più aspre per il datore di lavoro (che aumentano in caso di comportamento reiterato per un arco temporale di almeno 6 mesi e a seconda che il tale ritardo coinvolga 5 o 10 dipendenti), può costituire causa di dimissioni per giusta causa da parte del lavoratore.

Come evidenziato dalla Fondazioni consulenti del lavoro, con parere n. 5/2010, quando il lavoratore si trovi dinanzi ad una causa che non gli consenta di proseguire il rapporto di lavoro, può dimettersi anche senza obbligo di preavviso.

E proprio sull’esonero dall’obbligo di preavviso, la Cassazione con sent. 5146/1998 che ha chiarito che il mancato pagamento delle retribuzioni reiterato nel tempo rende legittime le dimissioni per giusta causa anche senza obbligo di preavviso.

E ancora la sentenza n. 1713/2017 del Tribunale di Milano, e la sent. della Corte di Cassazione civile, sez. lavoro n. 9873/17, pronunciandosi su simili questioni, in cui il lavoratore non ha ricevuto lo stipendio nel periodo concordato, hanno previsto e cristallizzato il principio secondo cui se la data prevista per la corresponsione dello stipendio sia stata superata e il datore di lavoro non abbia versato la retribuzione spettante da prospetto paga, il lavoratore può dimettersi per giusta causa.

Esempio pratico di dimissioni per giusta causa senza preavviso per ritardo nello stipendio

Un esempio pratico è fornito dalla sentenza n. 9873/2017 della sezione lavoro della corte di Cassazione: la corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato e confermato “la giusta causa” delle dimissioni di un lavoratore e condannato il datore di lavoro al pagamento di somme a titolo di indennità, la cassazione ha ritenuto legittime le dimissioni per i numerosi inadempimenti del datore di lavoro verificatisi nei reiterati ritardi nel pagamento degli stipendi e in generale negli assetti organizzativi del lavoro quotidiano, come improvvise modifiche al cambio turno e agli orari concordati.

Ma come posso agire nei confronti del datore di lavoro che ritarda nel pagamento degli stipendi? In che modo posso tutelarmi?

Chiaramente l’irrogazione della sanzione nei confronti del datore di lavoro non è automatica in seguito al ritardo del pagamento, ma occorre che il lavoratore chieda tutela.

In prima battuta, il lavoratore può rivolgersi all’amministrazione dell’azienda o al competente ufficio addetto a paghe e contabilità presso cui presta la propria attività lavorativa e chiedere delucidazioni cercando di capirne le motivazioni.

Successivamente, se questa prima strada non esordisce gli effetti sperati, il lavoratore può rivolgersi al proprio sindacato anche d’appartenenza, oppure al proprio legale di fiducia che gli indicherà la via più giusta da seguire, ad esempio tramite l’invio al datore di lavoro di una diffida ad adempiere, per risolvere anche in via stragiudiziale, la questione.

Attenzione: se hai problemi con il tuo datore di lavoro che tarda sistematicamente nell’erogazione dello stipendio, puoi contattare un nostro avvocato tramite la chat (clicca sul pulsante in basso a destra) e scoprire come puoi muoverti per ottenere quanto ti spetta.

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Se il datore di lavoro continua a non corrispondere la mensilità (o le mensilità dovute), allora si potrà, sempre tramite vie legali, chiedere al Tribunale l’emissione di un decreto ingiuntivo notificato al datore di lavoro, cui può anche seguire procedimento esecutivo a suo carico.

Diverso è, invece, il caso di fallimento di società o aziende, per i quali invece, si segue un’altra disciplina: infatti, se il lavoratore non ha ricevuto le mensilità a seguito di dichiarazione di fallimento, e accertamento dello stato passivo dell’azienda da cui dipende, il lavoratore potrà sempre rivolgersi all’Inps per richiedere l’accesso al Fondo di Garanzia e ottenere il pagamento del Tfr spettantegli.

Dopo quanti stipendi non pagati posso far valere i miei diritti?

Non esiste un numero preciso, una soglia, prima o dopo la quale poter fare valere un diritto sempre spettante al lavoratore, cioè la corresponsione dello stipendio nel giorno previsto da accordi contrattuali, poiché il ritardo ingiustificato e protratto nel tempo è illegittimo oltre che causa di risarcimento.

Pertanto se il lavoratore ritiene che il ritardo protratto nel tempo, per come abbiamo visto, abbia leso la propria sfera giuridica può nei modi suesposti far valere i propri diritti.

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