Diritto Penale

Diffamazione a mezzo stampa

Diffamazione a mezzo stampa

In un precedente articolo abbiamo analizzato le caratteristiche fondamentali del delitto di diffamazione, richiamando genericamente l’utilizzo del mezzo della stampa per commettere il reato.

Nell’era dell’informazione dove il ruolo dei media è sempre più rilevante, la diffamazione a mezzo stampa merita un approfondimento!

Cos’è la diffamazione a mezzo stampa?

La diffamazione a mezzo stampa è una circostanza aggravante prevista per la fattispecie base di cui all’art. 595 c.p., la quale si verifica nei casi in cui una persona diffonde, tramite mezzi di comunicazione di massa (giornali, riviste, tv, siti web), dichiarazioni lesive dell’onore e della reputazione di un’altra persona, in quel momento assente.

Tale aggravamento trova la sua giustificazione nel fatto che tale modalità potrebbe comportare una maggiore diffusione e credibilità della notizia atteso l’eventuale prestigio o autorevolezza della fonte, causando inevitabilmente un danno più grave.

Immaginiamo che un quotidiano pubblichi un articolo in cui si afferma, senza prove, che una persona è coinvolta in attività illecite.

Se queste affermazioni sono false danneggiano inevitabilmente la reputazione del soggetto citato.

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La nozione di stampa

Nel nostro ordinamento la legge n. 47/1948 prevede una nozione precisa di stampa, identificandola con tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione, a cui si deve aggiungere qualsiasi altro mezzo di pubblicità realizzata utilizzando un qualunque strumento destinato ad un numero indeterminato di persone.

Nozione che nel corso degli anni ha creato non poche problematiche a causa del sempre più diffuso giornalismo online.

Ci si è chiesto, infatti, se la nozione di stampa prevista dalla legge potesse essere estesa anche alle testate giornalistiche online, al fine di estendere anche ad esse le garanzie costituzionali.

La Suprema Corte di Cassazione, con una storica sentenza, trattando nello specifico l’ammissibilità del sequestro preventivo di un sito web giornalistico, ha stabilito che la testata giornalistica online, in quanto assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto di stampa e pertanto soggiace alla normativa, costituzionale ed ordinaria, che disciplina l’attività di informazione professionale (Cass. Sez. Un. 31022/2015).

Tuttavia, sarà necessario che il sito online sia caratterizzato dai requisiti ontologici (struttura) e teleologici (scopo della pubblicazione) propri di un giornale.

Dovrà quindi avere una testata giornalistica caratterizzata dalla periodicità di pubblicazioni di notizie legate all’attualità, con il fine darne conoscenza al pubblico.

Chi è responsabile per un articolo diffamatorio?

Il Codice Penale, all’art. 595 c. 3, prevede la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni o della multa non inferiore a 516 euro, per chiunque, tramite il mezzo della stampa, commetta una diffamazione.

Il nostro Legislatore ha voluto estendere anche ad altre figure la responsabilità per il reato commesso dall’autore della pubblicazione.

Infatti, l’art. 57 c.p. punisce a titolo di colpa il direttore o il vice-direttore responsabile che ha omesso di esercitare sul contenuto del periodico, da lui diretto, il controllo ad impedire che con il mezzo della pubblicazione siano commessi reati, prevedendo che la pena prevista per il reato commesso sia diminuita fino ad un terzo.

Pertanto, nel caso in cui venisse pubblicato un articolo diffamatorio, oltre l’autore materiale dello stesso, risponderà anche il direttore della testata giornalistica.

I direttori delle testate giornalistiche online sono responsabili delle pubblicazioni diffamatorie?

Anche qui sono sorte molteplici questioni sulla possibilità o meno di estendere la norma in questione anche al direttore di una testata giornalistica online.

Sebbene la giurisprudenza maggioritaria tenda ad equiparare i direttori dei quotidiani online a quelli tradizionali, non mancano nel merito le pronunce che statuiscono il contrario.

I Tribunali di Roma e di Miliano, ad esempio in diverse pronunce, hanno ritenuto che non fosse applicabile al direttore della testata online l’art. 57 c.p., poiché si tratterebbe di un’estensione analogica in senso negativo della norma, non consentita nel nostro ordinamento.

Gli amministratori dei blog o forum sono responsabili delle pubblicazioni degli utenti?

Considerate le valutazioni sopra esposte, appare lecito domandarsi se l’art. 57 c.p. possa estendersi anche all’amministratore di un sito internet, tra cui un forum, un blog, o una pagina Facebook.

La Corte di Cassazione più volte si è occupata della responsabilità dei gestori di siti internet per gli scritti pubblicati da terzi, interrogandosi se i primi potessero essere ritenuti penalmente responsabili dei contributi creati dagli utenti.

È pacifico che i titolari di siti web (blog, forum, pagine social, newsletter) non avendo un una struttura organizzativa formale né una periodicità delle pubblicazioni non possono essere ritenuti penalmente responsabili per il reato di cui all’art. 57 c.p..

Invece, qualora il gestore sia venuto a conoscenza della stesura del contenuto diffamatorio e non ne omette la pubblicazione, sarà ritenuto responsabile in concorso, con l’autore della pubblicazione, del delitto di diffamazione aggravata dal mezzo internet.

In merito, la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna nei confronti di un gestore di un sito web, per diffamazione aggravata a mezzo internet in concorso con l’autore, per un articolo offensivo nei confronti di un agente di polizia, pubblicato da un utente.

In tal caso, il titolare del sito non si era attivato per rimuovere il contenuto diffamatorio e avrebbe partecipato alla raccolta di informazioni per la redazione, e ne avrebbe condiviso il contenuto (Cass. 7220/2021).

Viceversa, va esclusa la responsabilità del blogger quando, portato a conoscenza della pubblicazione offensiva, rimuove prontamente il contenuto diffamatorio (Cass. 12546/2018).

Quando la diffamazione a mezzo stampa non è punibile?

Come già detto per il delitto di diffamazione semplice, la diffamazione a mezzo stampa non è punibile in caso di esercizio del diritto di critica o del diritto di cronaca.

Questi due diritti trovano il proprio fondamento all’interno dell’art. 21 della Costituzione e sono espressioni della libertà di espressione e di manifestazione del proprio pensiero.

L’esercizio di tali diritti, quindi, esclude la punibilità del delitto di diffamazione a mezzo stampa in presenza di determinati requisiti.

Quando il diritto di critica esclude la punibilità?

Il diritto di critica consiste nella libertà di esprimere un proprio giudizio o di manifestare liberamente un proprio convincimento su di un determinato accadimento, un evento o una vicenda.

Affinché l’esercizio di tale diritto possa escludere la punibilità per il delitto di diffamazione è necessario che la propria opinione rispetti determinati requisiti:

  • La verità del fatto su cui si esprime la propria opinione;
  • Continenza (moderazione), è quindi necessario che tale opinione venga espressa con un linguaggio corretto ed idoneo alla circostanza che non trasmuti in attacchi offensivi e gratuiti alla persona;
  • Pertinenza della critica, la quale deve avere anche un interesse sociale.

In presenza di questi requisiti, allora, potrà dirsi scriminata una condotta diffamatoria.

Ad esempio, qualora un giornalista scriva un articolo su un giornale riportando un determinato accadimento, di estrema importanza per la collettività, ed esprima contestualmente un proprio parere (espresso con un linguaggio non offensivo) non potrà essere punito per diffamazione a mezzo stampa per la sussistenza del diritto di critica.

Ancora, il diritto di critica esclude la punibilità anche nel caso di uno specialista che recensisca un film, uno spettacolo o un libro, purché tale recensione rispetti i requisiti sopra indicati.

Quando il diritto di cronaca esclude la punibilità?

Il diritto di cronaca, definito anche come diritto di informare, consiste nel diritto di narrare un fatto che ha un certo interesse pubblico, che la collettività ha interesse di conoscere.

Questo dovrà rispettare i requisiti della verità della notizia, la continenza delle espressioni utilizzate oltre che l’interesse pubblico della notizia.

Qualora un giornalista pubblichi un articolo riportando la notizia di un’indagine della Procura a carico di un noto personaggio politico, qualora la notizia sia vera e abbia utilizzato un linguaggio moderato non potrà essere punito perché sta esercitando il suo diritto di cronaca.

O ancora, non sarà punibile per la sussistenza del diritto di cronaca il giornalista che riporti fedelmente le dichiarazioni, lesive della reputazioni altrui, rilasciate da un personaggio pubblico nel corso di un’intervista (Cass. n 19889/2021).

Appare opportuno ricordare che tale diritto non è riconosciuto solamente ai giornalisti ma a tutti.

La satira esclude la punibilità?

Nel parlare di diffamazione a mezzo stampa non possiamo non fare riferimento alla satira.

La satira viene qualificata nel nostro ordinamento come una forma d’arte che evidenzia e mette in ridicolo passioni, modi di vita o atteggiamenti di una categoria di persone o anche solo di un individuo.

Crea delle metafore caricaturali.

Quest’ultima, come detto per il diritto di critica e cronaca, esclude la punibilità della diffamazione qualora sussistano specifici elementi: deve avere una certa utilità, non deve superare il limite della continenza.

La satira è sottratta, invece, dall’obbligo di riferire su fatti veri poiché esprime mediante la metafora surreale un giudizio ironico su di un fatto.

Nell’esercizio del diritto di critica potranno essere utilizzate anche espressioni lesive della reputazioni altrui, purchè siano collegate alla manifestazione di un dissenso e non si risolvano in meri attacchi gratuiti (Cass. n. 30193/2018).

Ad esempio, storpiare il cognome di una persona definendola “brutto cesso”, con finalità satirica ed ispirandosi al cognome della persona stessa, non può considerarsi una libera espressione del proprio pensiero, anzi si risolve in un insulto gratuito e nel disprezzo personale (Cass. n. 320/2021)

Come difendersi da un articolo diffamatorio?

Quando si è vittima di un articolo diffamatorio esistono diversi strumenti per difendersi e proteggere la propria reputazione.

Tra questi sicuramente vi è la richiesta di rettifica dell’articolo o la proposizione di una denuncia-querela.

Attenzione: Se credi di essere vittima di una diffamazione, puoi contattare subito tramite la nostra chat uno dei nostri avvocati specializzati che ti indicherà l’iter da seguire per porre fine alla condotta illecita.

Cos’è la rettifica?

La legge sulla stampa prevede un importante strumento di tutela per coloro che sono vittime di diffamazione a mezzo stampa.

La rettifica serve a correggere le informazioni errate che vengono diffuse tramite la stampa e a rimuovere, o quanto meno a ridurre, l’impatto negativo che queste hanno avuto sulla reputazione della vittima.

In caso di pubblicazione di un articolo diffamatorio, la vittima dovrà inviare una richiesta scritta di rettifica al direttore della testata, specificandone all’interno i punti contestati e la versione corretta dei fatti.

Il direttore, di conseguenza, procederà alla pubblicazione dell’articolo rettificato dandone la stessa visibilità che aveva avuto il precedente articolo diffamatorio.

In ogni caso, la rettifica non esclude né la punibilità del reato di diffamazione a mezzo stampa né la risarcibilità del danno.

Viene qualificata come una facoltà dell’interessato finalizzata ad evitare che l’articolo continui a produrre effetti lesivi (Cass. n. 1152/2022).

Come procedere penalmente contro il reato di diffamazione?

Il delitto di diffamazione a mezzo stampa è classificato come un reato procedibile a querela.

La vittima del reato dovrà quindi manifestare la volontà che si proceda penalmente contro l’autore del reato denunciando i fatti (fornendo prove come copia dell’articolo e testimonianze) ai Carabinieri, Polizia o direttamente alla Procura, entro il termine perentorio di 3 mesi dalla conoscenza della notizia diffamatoria.

A seguito delle indagini, qualora il Pubblico Ministero dovesse ritenere la sussistenza di sufficienti prove si aprirà un precesso penale di fronte al Tribunale, ove si potranno avanzare anche eventuali richieste risarcitorie costituendosi, tramite un avvocato, parte civile nel processo stesso.

Attenzione: se credi che un articolo di giornale o un contenuto scritto sul web sia lesivo dei tuoi diritti, puoi contattare adesso tramite la nostra chat uno dei nostri avvocati specializzati.

L’avvocato analizzerà il contenuto per te lesivo e ti indicherà come procedere per eliminarne gli effetti negativi.

 

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