Diritto del Lavoro

Risarcimento Danni da Licenziamento illegittimo

Quando si parla di licenziamento illegittimo?

Quando parliamo di licenziamento intendiamo l’interruzione del rapporto di lavoro operata dal datore di lavoro per diverse ragioni tra cui ad esempio per giusta causa, e per giustificato motivo, quando il lavoratore non rispetti gli accordi pattuiti, violando i suoi obblighi, oppure giustificati motivi di ordine disciplinare o organizzativo interno all’azienda (es. fallimento, o crisi d’impresa).

Il codice civile all’art. 2119 c.c. prevede che ogni contraente può decidere di recedere dal contratto anche prima della scadenza dello stesso.

Se l’ipotesi di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo costituiscono le forme tipiche e più diffuse delle cause di licenziamento, ed è prevista quando il datore di lavoro decida di interrompere il rapporto di lavoro col dipendente che, con la sua condotta, si sia dimostrato inadempiente o abbia violato uni o più obblighi e accordi contrattuali, il licenziamento illegittimo si ravvisa nell’ipotesi opposta.

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Risarcimento danni da licenziamento illegittimo

Si ha licenziamento illegittimo quando il datore di lavoro in assenza di una giusta causa che lo legittimi a interrompere il rapporto lavorativo, decida di licenziare il dipendente, per motivi di vario genere che non trovano fondamento nella condotta del lavoratore o in un suo inadempimento contrattuale.

Ad esempio, il licenziamento adottato per motivi discriminatori (per orientamenti religiosi, razza, appartenenza a organizzazioni sindacali, ecc) può essere dichiarato nullo.

Cosa succede dopo il Jobs Act?

In tali casi la disciplina che appresta tutela al lavoratore illegittimamente licenziato è stata oggetto di evoluzione subendo nel corso del tempo notevoli cambiamenti, soprattutto con l’entrata in vigore del cosiddetto “Jobs Act” che ha letteralmente visto indebolire il vigore dell’art 18 dello Statuto dei lavoratori.

Possiamo ad oggi affermare che lo Statuto dei lavoratori apprestava una tutela differente al lavoratore che veniva licenziato, perché gli garantiva effettivamente la reintegrazione, al ricorrere del presupposto dell’illegittimità.

Oggi con l’entrata in vigore del dlgs n. 23/2015, la forza di tale garanzia di reintegra del lavoratore è stata, in tal senso, affievolita.

Infatti se lo statuto dei lavoratori prevedeva che il lavoratore ingiustamente licenziato avesse diritto alla riassunzione nel posto di lavoro, il Dlgs n. 23/2015 (cd “Jobs Act”), invece ha previsto che in caso di licenziamento illegittimo di lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, il datore di lavoro è unicamente tenuto a corrispondere una indennità risarcitoria pari a due mensilità per ogni anno di anzianità nel servizio.

La reintegrazione, dunque, che prima era regola generale, oggi resta una mera ipotesi residuale limitata al solo caso di licenziamento discriminatorio, nullo, ritrosivo o disposto in forma orale.

Licenziamento illegittimo: esempi pratici

E’ il caso di una recente sentenza n. 138/2024 del Trib. di Gela, in cui un lavoratore dipendente di una società da circa 4 anni, è stato contattato dalla direzione della società e invitato a non presentarsi più a lavoro, e ritenendo ingiustificate le motivazioni addotte si è rivolto al Tribunale per impugnare il suddetto licenziamento.

Pertanto ha chiesto al giudice di dichiarare la nullità del licenziamento disposto nella sola forma orale e mancata sussistenza del giustificato motivo con annessa richiesta di richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro perso e riconoscimento del risarcimento spettante.

Il Tribunale, pronunciandosi a tutela del lavoratore ha accertato la nullità del licenziamento, prevedendo che quest’ultimo dovesse essere riassunto e condannando il datore di lavoro al risarcimento di un’indennità proporzionata all’ultimo stipendio secondo i calcoli del TFR.

Proprio di recente tuttavia, è stato dichiarata illegittima dalla corte costituzionale la previsione di reintegra dell’unica ipotesi di nullità del licenziamento. (Sentenza n.22/2024).

Questa recentissima sentenza, eccependo che la legge che ha legittimato l’entrata in vigore del c.d. “Jobs Act” non tracciava alcun tratto distintivo tra quelle che sono le ipotesi di nullità espresse e non espresse del licenziamento, ha eliminato in modo definitivo la parola “espressamente” del dlgs. n. 23/2015, all’art. 2.

In tal modo si è così in concreto rimossa la differenza tra quelli per i quali è prevista la sanzione della nullità espressa e quelli illegittimi adottati a seguito di inadempimento.

Quindi, se il licenziamento non viene considerato nullo, ed è stato adottato a seguito di un’infrazione di legge, ne consegue che al lavoratore spetterà la riassunzione ex lege, e la corresponsione di un’indennità risarcitoria.

Cosa posso fare in caso di licenziamento illegittimo?

Perdere il lavoro rappresenta sempre una condizione sicuramente spiacevole per il lavoratore che se ne ritrova improvvisamente privato, ma lo è ancor di più quando questa situazione non è stata né voluta, né causata da lui, ma da cause illegittime.

Per questo l’ordinamento ha previsto una fitta rete di norme e sanzioni volte alla tutela del lavoratore che viene illegittimamente fatto fuori dal lavoro.

Organizzazioni, sindacati e avvocati sono al fianco di chi vuole fare valere i propri diritti ingiustamente lesi da un eccesso di potere o da decisioni dettate da discriminazioni o altro.

Attenzione: se hai un qualsiasi problema con il tuo datore di lavoro o pensi che ti abbia illegittimamente licenziato, noi di SubitoAvvocato.it possiamo aiutarti!

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Ricordiamo che il lavoro è uno dei capisaldi del nostro sistema legislativo e del nostro ordinamento costituzionale in generale, e che i diritti del lavoratore sono oggetto di tutela costituzionale e non solo.

Pertanto il lavoratore che ingiustamente si ritrova senza lavoro può sicuramente impugnare il licenziamento e richiede al giudice la riassunzione in azienda se ne sussistono i presupposti, o un’indennità risarcitoria.

Come impugnare il licenziamento illegittimo

Innanzitutto, occorre dapprima comprendere le ragioni alla base del provvedimento che ha disposto il licenziamento, in modo da capire se sussistano i presupposti che lo hanno legittimato oppure no.

Se il lavoratore effettivamente ritiene, e soprattutto può dimostrare, di aver adempiuto alle regole contrattuali, nel pieno rispetto delle sue mansioni, degli orari di lavoro e dei propri obblighi contrattuali, mantenendo sempre una condotta consona all’attività lavorativa svolta fino a quel momento, tale da non giustificare il suo licenziamento, può allora rivolgersi al proprio legale di fiducia, al proprio sindacato per chiedere consiglio ed esporre le problematiche, al fine di trovare una soluzione.

La strada che il lavoratore comunque potrà intraprendere sarà: o quella stragiudiziale, cui segue una richiesta conciliativa, con cui il lavoratore manifesta le proprie ragioni e rappresenta le proprie intenzioni; il tentativo di conciliazione può avere esito positivo se l’azienda datrice di lavoro e il lavoratore licenziato raggiungono un accordo, oppure esito negativo in caso contrario; il caso, invece, di mancata conciliazione può invece dar luogo al ricorso al Giudice.

Il lavoratore in questa sede esporrà i motivi di fatto e di diritto sui quali si basano le sue pretese e chiederà alla sezione lavoro del tribunale competente di essere riassunto nell’azienda in cui lavorava, se ne sussistono i presupposti, ed eventualmente richiedere un’indennità risarcitoria.

Spetterà al giudice a quel punto valutare in concreto i presupposti in base ai quali potersi pronunciare.

A quanto ammonta il risarcimento da licenziamento illegittimo?

Spesso ci si chiede l’ammontare dell’indennità risarcitoria ma questa non prevede una somma fissa corrisposta automaticamente a seguito del licenziamento illegittimo, poiché bisogna prima che il giudice accerti che si tratti effettivamente di un’ipotesi di illegittimità, e poi in linea con le previsioni del dlgs. n. 23/2015 può disporre a carico del datore di lavoro la corresponsione dell’indennità, che come vedremo non è per tutti pari allo stesso importo.

La tutela economica in favore del lavoratore, prevista a titolo di risarcimento, quindi varia anche in base all’arco temporale che il dipendente ha prestato la propria attività lavorativa, e può essere corrisposta con l’avvento delle ultime riforme legislative per un massimo di 36 mensilità.

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