Diritto Civile

Risarcimento Danni Dentista Senza Fattura

Argomentato in pregresso articolo il trauma sotteso ad una perdita ovvero rottura di un dente – trauma connesso a disparate circostanze più o meno fortuite – vale la pena soffermarsi ora sull’eventualità che il danno al dente (o a più denti) intervenga a seguito di una prestazione odontoiatrica eseguita maldestramente.

Risarcimento Danni Dentista Senza Fattura

Sull’eziologia del danno alla salute – con ripercussioni alla sfera estetica ovvero funzionale se non di natura psicologica – si è quindi già accennato. Esplicitando alcuni casi e controversie oggetto di pronunce giurisprudenziale per lo più recenti.

Certamente a maggior ragione il paziente danneggiato avrà diritto ad un risarcimento danni qualora il trattamento posto in essere dal professionista sia viziato da colpa; lesione di un nervo, infezioni, ascessi ovvero rotture e cadute di protesi od impianti. Da non sottovalutare, inoltre, problematiche sottese ad un errato anestetico utilizzato quale anestesia.

Il dentista quale professionista è obbligato al rispetto della leges artis della medicina nello svolgimento della propria attività; rispondendo in via di responsabilità per dolo o colpa grave, quando la prestazione sia stata effettuata dovendo intervenire su problematiche di elevata difficoltà ovvero in casi eccezionali (alla stregua della disposizione di cui all’art. 2236 codice civile).

La colpa nella fattispecie di cui si controverte si configura quando l’evento danno sia strettamente collegato da comportamenti contraddistinti da negligenza, imperizia, imprudenza ovvero inosservanza di regolamenti. Si delinea a contrario il dolo – caso assai raro per onestà intellettuale – laddove il danno causato al paziente sia intenzionale e quindi l’azione di danno ed il rapporto di causalità siano stati non solo previsti, ma voluti.

Spesso si ritiene, tuttavia, che l’odontoiatra possa essere ritenuto responsabile anche per colpa cd lieve per i danni causati al paziente in caso di prestazioni ritenute di routine e contraddistinte da obiettiva e scarsa difficoltà tecnica.

L’onere probatorio in ordine alla tendenziosità e specificità della prestazione sanitaria effettuata grava sul dentista stesso; tale elemento par chiaro risulti determinante laddove vi sia una interdipendenza tra tipologia di intervento e graduazione del grado di colpa (e quindi di imputabilità anche a livello di sotteso risarcimento del danno).

Come argomentato per ciò che concerne l’ipotesi di risarcimento dei danni in ambìto di trattamento estetico con esito non soddisfacente ovvero tale da deludere le aspettative del cliente/paziente anche in contesto odontoiatrico (soprattutto qualora si parli di protesi ed interventi di implantologia) si considerano gli interventi non quali obbligazioni di mezzi, bensì di risultato. Cioè il medico si impegna con la sua prestazione, di fatto, ad ottenere un certo risultato garantendone al paziente la positiva riuscita.

La giurisprudenza in punto oscilla tra due interpretazioni non sempre simbiotiche; giungendo cioè a considerare la prestazione del dentista quale cd obbligazione di risultato quando a prevalere nell’intervento sia la componente estetica. Mentre si giungerebbe a considerazione contraria (ergo obbligazioni di mezzi) qualora l’aspetto principale della prestazione odontoiatrica sia di natura anatomo-funzionale.

TIPOLOGIA DI RESPONSABILITA’

In ambìto civilistico e nella materia sin qui descritta il paziente che ritiene di aver subìto danni da erroneo trattamento odontoiatrico – viziato da colpa o dolo – può considerare due forme di responsabilità per lo più concomitanti.

Responsabilità di natura contrattuale qualora il medico abbia effettuato la propria prestazione in studio da libero professionista; in regime di intramoenia o di convenzionamento con Servizio Sanitario Nazionale . Da provare in tale situazione il cd nesso causale tra comportamento ritenuto viziato e danno patìto. A contrario il medico dovrà dimostrare di aver adempiuto a tutti gli obblighi di perizia e competenza specifica al fine di evitare di dover risarcire quanto determinato.

In questa connotazione, pertanto, i termini di prescrizione per azionare la richiesta di risarcimento danni è di 10 anni.

Si delinea invece una responsabilità extracontrattuale ed esempio qualora il rapporto tra paziente e medico sia in realtà concluso tramite la Struttura Sanitaria (pubblica ovvero privata) in cui quest’ultimo operi; magari come dipendente in qualità di dentista .

In tale evenienza, ergo responsabilità di natura extracontrattuale, spetterà al paziente provare la colpa e sostanzialmente l’imperizia e/o la negligenza del dentista durante lo svolgimento della prestazione. Con prescrizione per azionare la richiesta di risarcimento danni pari ad anni 5.

Certamente sarà indispensabile poter comprovare quanto lamentato – ed i molteplici danni patìti -attraverso una consulenza medico- legale . Il tecnico incaricato potrà valutare lesioni eventuali; consultando documenti, cartelle cliniche ovvero fatture e/o documenti equipollenti potrà riscontrare eziologia dell’eventuale danno biologico, sua entità e tempistica. Lesioni reversibili o al contrario, magari, contraddistinte da prognosi di presunta irreversibilità; calcolare in grado percentuale eventuali postumi ed inabilità.

Danni morali e/o esistenziali saranno riconosciuti dal Giudice nella loro entità – per lo più in via equitativa – certamente in stretta dipendenza con la gravità dei fatti ed i postumi riscontrati e riscontrabili; dato ancorchè in stretta connessione con l’età del paziente.

DANNO EMERGENTE E FATTURE

Tra i danni cd emergenti rientrano in via di prassi anche le parcelle/fatture inerenti gli eventuali acconti percepiti dal dentista se riferiti alla prestazione oggetto di distonìe; qualcosa non ha funzionato e, pertanto, anche ciò che è stato ex ante corrisposto può venir interpretato quale perdita patrimoniale conseguente alla prestazione inutile o, ancor più, risultata dannosa.

Da qui altresì pronunce di risoluzione del contratto d’opera professionale (tra tutte Tribunale Milano – N. 10469/2014) in riferimento a “restituzione” del denaro già corrisposto. Con peraltro, anche per ciò che concerne il binomio risoluzione contrattuale/restituzione compenso, alcune oscillazioni di decisioni nel merito.

In difetto di significativa documentazione la fattura spesso risulta essere l’unica prova “cartacea” che attesti la prestazione come eseguita presso un determinato studio dentistico. Ciò ancor più stante il già menzionato onere probatorio a carico del paziente; in primis dimostrare di aver subìto il trattamento odontoiatrico di cui si discute proprio presso quel determinato professionista o Struttura Sanitaria.

Qualora quindi non si possegga la fattura, o altro equivalente tale da poter accertare tipologia e cronologia dell’intervento, si delinea passo obbligato domandare al medico copia della cartella clinica. Certo il risultato sarà spesso deludente; essendo logico che subentreranno rimostranze, tensioni e nel caso plausibili difficoltà a relazionarsi qualora in corso di giudizio e/o contestazioni.

Qualora, insomma, alla fine risulti infruttoso il tentativo si dovranno comprovare i fatti attraverso escussione testimoniale; certamente sarà però parecchio ostico discutere ed illustrare gli step di un trattamento clinico – di tipologia medico/ specialistica – non disponendo di alcun documento pertinente.

Il problema come comprensibile si porrà principalmente nei casi di prestazioni svolte in studi privati; non di rado, qualora si pattuiscano prezzo e modalità di pagamento di prestazioni anche costose ed economicamente assai impegnative, si accetta di non aver pezze giustificative in cambio di una sorta di “sconto” o altro.

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