Diritto Civile

Risarcimento danno per volo cancellato

La tematica che ci si appresta a trattare riguarda un problema molto comune a chiunque abbia mai affrontato un viaggio affidandosi alle compagnie di volo.

Che sia per motivi di svago o di lavoro, il mezzo aereo risulta spesso il modo più facile e veloce per recarsi nel luogo dei propri desideri o dei propri affari.

Non è da sottovalutare neanche il costo, che pur non rappresentando, nella maggioranza delle volte, un incentivo alla prenotazione, risulta essere comunque conveniente per spostamenti di lunga distanza o nella circostanza, ed è molto frequente, in cui il tempo del viaggio incide sulle decisioni dei viaggiatori, oppure nei casi in cui un solo mezzo di trasporto, diverso dall’aereo, non consentirebbe di raggiungere la meta, essendo costretti ad utilizzare una combinazione di veicoli.

Ebbene, il volo rappresenta ormai una realtà con la quale è necessario fare i conti.

Tuttavia la semplicità delle prenotazioni e dei pagamenti, caratterizzati da attività che internet ha reso estremamente veloci e sicure, non permettono al viaggiatore-consumatore di comprendere a pieno le implicazioni giuridiche che vengono in rilievo.

Infatti i risvolti tecnico-legali dei voli aerei sono particolarmente ricchi e complessi, tanto da costringere le numerose società di trasporti – le compagnie aeree in questo caso – a dedicare intere sezioni dei propri siti alla materia della responsabilità del vettore e ai diritti del trasportato, con contenuti che sono predeterminati dalla legge e che al più possono essere resi maggiormente favorevoli dalle compagnie.

Risarcimento del danno per volo cancellato

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In questo articolo ci si propone l’obiettivo di fornire spiegazioni e chiarimenti proprio circa i diritti del viaggiatore e i modi per farli valere, con particolare attenzione al risarcimento per cancellazione del volo.

Volo cancellato. Cosa fare?

È importante, inizialmente, operare una disambiguazione. Nel diritto i tecnicismi non sono spesso facilmente comprensibili e alcuni termini vengono prestati al linguaggio comune senza però garantire un significato specificamente giuridico, con il rischio di utilizzarli in modo errato.

Si parla spesso di rimborsi e risarcimento danni come se non esistesse alcuna differenza tra i due istituti, o come se uno ricomprendesse l’altro. Ma non è affatto così.

Il rimborso consiste nella rifusione di un costo affrontato ingiustamente o sostituendosi al soggetto titolare dell’obbligazione di pagamento.

Il risarcimento comprende, invece, non solo i costi affrontati in conseguenza di un fatto ingiusto, ma anche i danni subiti a causa di un illecito o di un inadempimento.

Si è fatto cenno alla circostanza per la quale i siti delle compagnie aeree contengono informazioni dedicate ai clienti che ritengono di aver diritto ad un ristoro economico per i disservizi, ma attenzione all’utilizzo dei termini.

In genere le società di volo si offrono di “limitare i disagi” in conseguenza di mutamenti degli orari di partenza o della cancellazione dei voli o del semplice ritardo. Forniscono strumenti, quali applicazioni da scaricare sul proprio smartphone o invii automatici di sms ed e-mail, in grado di informare in tempo reale sulle condizioni del trasporto.

Terminati gli incombenti, spesso di tipo pubblicitario, sulle possibilità offerte dalle ditte per fornire la più completa assistenza per ritardi e cancellazioni, si passa ai c.d. rimborsi e compensazioni.

In breve, premesso che è sempre necessario leggere attentamente le condizioni di assistenza stabilite dalle compagnie, è importante sapere che al momento della prenotazione del volo si accettano espressamente tutte le clausole stabilite dalla compagnia e pertanto si è alla presenza di un vero e proprio contratto.

Con ciò è facile capire che anche se la firma avviene con una modalità adesiva differente dalla sigla con nome e cognome, non si può fare altro che seguire le istruzioni date e acconsentire ai limiti che le società di volo impongono al cliente per accedere ai famosi rimborsi e compensazioni.

In genere, ad esempio, sono stabiliti dei tempi precisi entro cui un volo cancellato è rimborsabile, si fa riferimento molto comunemente a due settimane.

Vuol dire che se il volo viene cancellato prima di 15 giorni e tale cancellazione viene prontamente comunicata, non si avrà diritto ad alcun rimborso del costo del biglietto, ma solo ad una prenotazione di altro viaggio senza ulteriori spese.

Lo stesso vale in caso di ritardo nella partenza, solo oltre un certo numero di ore, 3 di norma, si ha diritto alla compensazione delle spese che possono subentrare in conseguenza del ritardo stesso.

Le compagnie tendono anche ad elencare il tipo di spese compensabili e il modo per ottenere la rifusione. Magari sono compresi le telefonate necessarie a riorganizzare il viaggio, o l’occorrente per ovviare al tempo trascorso in aeroporto, come snack e bevande, compensate in buoni pasto e ticket sconto.

Ebbene, il rimborso consiste in una rifusione del costo delle spese sostenute per il viaggio, la compensazione, invece, avviene tramite concessioni con valore economico equivalente alle maggiori spese sostenute per affrontare il viaggio, ma non consiste necessariamente in denaro e quindi spesso non permette una spesa al di fuori dai servizi offerti dalla compagnia.

La definizione di questi istituti permette di distinguerli dal risarcimento del danno, che invece consiste nel pagamento del c.d. danno emergente, cioè delle perdite direttamente conseguenti al fatto illecito o all’inadempimento della compagnia, e del c.d. lucro cessante, ovvero quanto è stato perduto a causa del fatto stesso della cancellazione del volo o del ritardo.

Più precisamente, è l’articolo  1223 del codice civile, rubricato “risarcimento del danno” a stabilire le conseguenze del danno provocato dall’inadempimento, che è proprio il caso della cancellazione del volo e del ritardo, in quanto, secondo il contratto per adesione concluso con le compagnie aeree, la società si impegna a far imbarcare il cliente e a trasportarlo in un certo luogo e in un certo tempo.

Il risarcimento del danno deve quindi comprendere le perdite che il creditore-cliente-viaggiatore subisce a causa dell’inadempimento e il mancato guadagno.

Il risarcimento del danno ovvia a tutte le conseguenze della prestazione non eseguita dalla compagnia aerea (quindi ricomprende non solo di danni materiali, ma anche quelli morali) e pertanto si distingue dai rimborsi e dalle compensazioni, che alleviano soltanto i pregiudizi che discendono dell’inadempimento assoluto, la cancellazione, o relativo, il ritardo.

Ebbene, se le compagnie si spendono molto per spiegare ai clienti cosa spetta loro e quali sono le modalità di richiesta per ottenere i propri diritti derivanti dal contratto, spesso nulla dicono in merito al risarcimento.

Il risarcimento del danno per cancellazione del volo

Come si è detto, rimborso, compensazione e risarcimento non sono affatto la stessa cosa. Ognuno di questi istituti risponde a finalità differenti in modo altrettanto differente, ma solo l’ultimo riesce a fornire al cliente un autentico ristoro per le conseguenze pregiudizievoli discendenti dall’inadempimento della compagnia aerea.

Dopo aver riportato il discorso alla sua tematica propriamente giuridica – facente capo ai concetti di inadempimento e alle conseguenze di esso – si possono affrontare le questioni sul piano loro proprio.

Per schematizzare, e rendere la lettura più proficua, il discorso verrà suddiviso in paragrafi ognuno rispondente ad un quesito specifico.

Come chiedere il risarcimento dei danni per volo cancellato?

La richiesta di risarcimento per i danni conseguenza dell’inadempimento del vettore aereo, che ineriscono sia al caso della cancellazione che a quello del ritardo, qualora quest’ultimo non sia stato contrattualmente previsto nelle forme di cui si è discorso in precedenza, non necessita di una formale azione giudiziale.

Sebbene infatti siano i Giudici a dichiarare fondata la pretesa del danneggiato, non è escluso che lo stesso riesca ad ottenere ristoro con una semplice e pressoché informale istanza presentata direttamente al vettore. Anche senza l’ausilio di un avvocato, infatti, è possibile formulare una richiesta e attendere una risposta positiva.

Nonostante ciò è molto probabile che la compagnia aerea non risponda o si trinceri dietro giustificazioni apparentemente giuridiche che solo un Magistrato ha il potere di vagliare e, eventualmente, dichiarare infondate.

Per tale motivo, dopo la fase stragiudiziale, è bene rivolgersi ad un avvocato che, edotto delle circostanze del caso, formulerà un atto giudiziario ed incardinerà una causa di risarcimento danni.

Qual è il Giudice competente a conoscere dei diritti del passeggero?

Una volta determinati ad agire in giudizio il primo problema è stabilire dinanzi a quale giudice proporre l’azione e, soprattutto, in quale Stato.

La Giurisprudenza sul punto è molto chiara e fa applicazione della normativa in materia di trasporto aereo internazionale. La Convenzione di Montreal del 1999, che riprende i principi e le disposizioni della Convenzione di Varsavia del 1929 con le successive modificazioni, stabilisce, all’art 33 (rubricato “competenza giurisdizionale”), i fori alternativi competenti a giudicare sulle questioni inerenti il trasporto aereo. I fori individuati sono: quello del domicilio del vettore aereo, quello della sede principale della sua attività, quello del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto oggetto dell’azione. Entro questi il trasportato ha la possibilità di scegliere il foro giudiziario che preferisce.

La Cassazione ha più volte sottolineato come tale norma attenga esclusivamente alla giurisdizione e non alla competenza interna. Ciò vuol dire che con essa viene individuato lo Stato in cui è possibile formulare la richiesta giurisdizionale, rimanendo utili allo scopo dell’individuazione della competenza territoriale interna le norme processuali ordinarie dello Stato chiamato a sede della controversia (Cass. SSUU, sent. n. 22035/2014).

In considerazione di ciò, per quel che riguarda l’Italia e quindi nel caso in cui il danneggiato decida di adire un Giudice italiano (essendo ciò possibile se nel nostro Territorio sia presente una sede della compagnia aerea o se sussista una società ad essa collegata competente alla stipulazione del contratto) saranno applicabili gli artt. 18, 19 e 20 del codice del processo civile e il foro del consumatore di cui al D.lgs 206/2005.

In conclusione, ben sarà possibile adire il Giudice del luogo in cui la società ha la propria sede o una propria diramazione, o il Giudice del luogo in cui il danneggiato-consumatore, attore della causa, ha la propria residenza, tanto da produrre una semplificazione ed una riduzione di costi per il danneggiato di non poco momento, oppure il luogo in cui si è verificato il danno.

Cosa è possibile chiedere al Giudice?

Per quel che concerne, poi, il merito della causa, ovvero il contenuto della domanda, è necessario fare riferimento alla normativa di settore e in particolare al Regolamento Europeo 261/2004, che stabilisce regole comuni in materia di compensazione pecuniaria e assistenza ai passeggeri in caso di cancellazione del volo, ritardo prolungato o imbarco negato per over booking.

Questa carta dei diritti del trasportato rappresenta lo standard minimo di tutela che ogni passeggero deve veder rispettato, pertanto nulla vieta alle compagnie di predisporre tutele maggiori per i propri clienti.

Qui entra in gioco la distinzione tecnico-terminologica cui si faceva riferimento in precedenza. Compensazione, rimborso e risarcimento non sono la stesa cosa. Nel Regolamento in questione, però, la compensazione rappresenta proprio il risarcimento del danno e ciò in considerazione del fatto che gli istituti del nostro ordinamento non sempre si identificano in maniera esatta con quelli del diritto straniero né tantomeno con quelli del diritto comune, quale è quello europeo.

Chiarito che la normativa, pur nominando la compensazione, fa riferimento al risarcimento del danno (che porta alla liquidazione e pagamento del danno emergente e del lucro cessante, e non solo al danno emergente come fa la compensazione) non resta che verificare in quali casi queste tutele operano.

Ebbene il dato di riferimento è  rappresentato dall’applicazione territoriale della normativa. Bisogna verificare quali sono gli Stati soggetti alle disposizioni del Regolamento.

La norma si riferisce a tutti i voli che sono in partenza o che arrivano in uno Stato soggetto al Regolamento europeo. Ciò significa che la normativa non si applica qualora il viaggiatore si trovi, o si sarebbe dovuto trovare qualora il volo non fosse stato cancellato, su un volo che parta e giunga in uno Stato al di fuori dell’Unione Europea e che sia operato da una compagnia extracomunitaria. E, per coerenza sistematica riferita ai vantaggi che il Regolamento produce, non si applica altresì qualora il volo sia effettuato in maniera gratuita o agevolata.

Stabilisce il Regolamento che per ottenere il risarcimento si deve verificare un ritardo di almeno 3 ore, che porta al diritto a ricevere € 250 per tratte aeree pari o inferiori a 1500 km; € 400 per tratte superiori a 1500 km; € 600 per le tratte aeree pari o superiori a 3500 km.

Per ritardi superiori a 5 ore è anche possibile rinunciare al volo, chiedere il rimborso del costo del biglietto e il risarcimento del danno.

Questo riferimento ai voli in ritardo è importante in quanto il criterio utilizzato per stabilire l’entità del risarcimento per volo cancellato è il medesimo per stabilire l’entità del risarcimento per il ritardo.

Anche se risulta evidente, si ricordi che rimborso, compensazione e risarcimento del danno non si escludono a vicenda, non sono richieste alternative e possono pertanto essere ottenute assieme, purché, seguendo le regole del diritto italiano, non si crei una superfetazione del risarcimento, ovvero il danneggiato non riceva più di quanto avrebbe ottenuto se il volo non fosse stato cancellato o non avesse accumulato ritardo.

Deve infine sottolinearsi come la normativa europea faccia riferimento ad un risarcimento-compensazione forfetario e ciò risulti essere, invero, contrario all’ordinamento statuale. Se, infatti, vige sempre il principio per cui sono vietati i risarcimenti eccessivi, che si tradurrebbero in una vera e propria sanzione per il vettore danneggiante, è anche vero che il risarcimento deve essere effettivo.

Le misure forfetarie stabilite dal Regolamento Europeo potrebbero quindi essere considerate quali misure esclusivamente indennitarie, ed in ciò alcuni vedono la correttezza dell’utilizzo del termine “compensazione” in luogo di “risarcimento”. Trova quindi posto, nel solco di questo ragionamento, la giurisprudenza comunitaria (Corte Giust. CE, sentenza del 10 gennaio 2006, C 244/2004) che indica nell’indennizzo standardizzato previsto dal Regolamento una mera eventuale compensazione che prescinde dall’esistenza di maggiori danni per il passeggero. La compensazione pecuniaria sarebbe pertanto ben distinta dall’importo destinato al risarcimento del danno, così che il danneggiato che provi di aver subito pregiudizi ulteriori e non rappresentati dalla norma comunitaria avrebbe diritto a ricevere l’indennizzo maggiorato dal risarcimento del danno effettivamente patito.

Tuttavia esistono delle eccezioni al diritto di ricevere un corrispettivo, che sia in denaro o in natura, per i disagi subiti.

Quando non si ha diritto al risarcimento?

Sempre tenendo conto della normativa europea, il vettore aereo è esente dall’obbligo di pagamento qualora abbia informato i passeggeri della cancellazione del volo almeno due settimane prima della data di partenza; se ha informato gli stessi passeggeri nel periodo compreso tra le due settimane e i sette giorni precedenti al volo e ha offerto loro una soluzione di viaggio alternativa, con la stessa destinazione, ma che comprenda una partenza anticipata di massimo due ore e un arrivo a destinazione non eccedente le quattro ore successive all’orario originale; ha informato i passeggeri mano di sette giorni prima offrendogli un volo alternativo per la stessa destinazione con partenza non più di un ora prima e con arrivo non più di due ore dopo rispetto al volo originale.

È evidente, quindi, che seppur la compagnia ha la possibilità di essere esentata dal pagamento del risarcimento dei danni se avvisa con anticipo il passeggero, è anche necessario, per liberarsi dall’incombenza risarcitoria, che al diminuire del preavviso si elevino le tutele, fruibili in natura, per il cliente. Ciò rappresenta proprio una esemplificazione del divieto di superfetazione del risarcimento di cui si parlava pocanzi.

In ultimo, se questi sono i casi in cui la compagnia aerea può sostituire il risarcimento con una valida alternativa, esistono dei casi in cui in assoluto non si ha diritto ad alcun tipo di tutela risarcitoria.

Il Regolamento citato, infatti, stabilisce che il vettore aereo non è tenuto a pagare alcun risarcimento-compensazione se la cancellazione o il ritardo del volo sono dovuti a circostanze eccezionali e al di fuori delle sue responsabilità.

Esempi possono essere il maltempo, gli scioperi aeroportuali o qualsiasi imprevisto oggettivamente incidente sul volo e fuori dalle volontà e possibilità ripristinatorie della compagnia.

Tuttavia in questi casi è sempre previsto il diritto all’assistenza, qualora il volo venga rimandato, e al rimborso completo in caso di cancellazione.

Deve sottolinearsi che la Giurisprudenza, più volte chiamata ad intervenire sul concetto di imprevisto e di eccezionalità che permetta alla compagnia aerea di esimersi dal ristoro del danno, ha stabilito che le circostanze eccezionali sono quelle che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, si tratta quindi di circostanze che sfuggono totalmente all’effettivo controllo del vettore e queste vanno interpretate restrittivamente soprattutto quando si tratta dei c.d. “problemi tecnici” dal momento che altrimenti questi rappresenterebbero un’esimente cui le compagnie aeree potrebbero sempre ricorrere. Deve, in definitiva, trattarsi di circostanze eccezionali nel senso normale del termine (Corte Giust. UE 17 settembre 2015 n. 257; Corte Giust. C-549 del 2007).

I tempi per presentare una richiesta di risarcimento o rimborso

I diritti del passeggero, pur se legislativamente sanciti, temono il trascorrere del tempo. Infatti è sempre bene verificare la prescrizione degli stessi.

La normativa europea, tuttavia, non prevede i termini entro i quali possono essere promosse le azioni per ottenere il risarcimento.

Entrano in considerazione nuovamente le Convenzioni di Varsavia e di Motreal le quali stabiliscono il limite di due anni per promuovere l’azione. Ma si deve sottolineare che la Corte di Giustizia della Comunità Europea (Corte Giust. UE, 22 novembre 2012, n. 139/2011), chiamata a dirimere una controversia sul punto, ha  dichiarato che il termine per promuovere l’azione diretta all’ottenimento del risarcimento per cancellazione del volo, seppur prevista dalle citate Convenzioni, è stabilito conformemente alle regole sancite da ogni singolo Stato membro in materia di prescrizione dell’azione. Infatti il Regolamento n. 261 del 2004 non ha uniformato tale termine e spetta all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato disciplinare le modalità temporali dell’azione.

In sostanza ogni Stato può decidere autonomamente e per quel che riguarda l’Italia essa si è conformata alle richiamate Convenzioni, che stabiliscono un termine di due anni dalla causazione del danno, quindi, seguendo il disposto dell’art 35 Convenzione di Montreal, dal giorno di arrivo a destinazione, nel caso di ritardo, o dal giorno previsto per l’arrivo a destinazione in caso di cancellazione.

Sul punto risulta operare il codice della navigazione, applicabile al trasporto aereo come stabilito dall’art 1 cod. nav., che, con la riforma del 2006, ha posto fine ad un’annosa questione giurisprudenziale che vedeva contrapposte diverse fazioni, tra cui alcune che applicavano il termine di prescrizione di sei mesi.

L’art. 949 ter cod. nav. stabilisce, infatti, che nei contratti di trasporto di persone e bagagli non si applicano le norme del codice della navigazione che sottopongono le azioni a prescrizione. In questa maniera, escluse le norme sulla prescrizione del diritto interno, non resta che applicare le norme sovranazionali e, per l’appunto, quelle della Convenzione di Montreal, che indica in due anni il termine di prescrizione.

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